Le ruggini del centrosinistra e gli inviti non fatti: le alleanze in bilico alle Regionali 2024

Alessandra Carta

Stavolta non sembra la solita guerra, trita e ritrita. Stavolta potrebbe non andare come è sempre successo, ovvero che a un passo dal voto delle Regionali il centrosinistra finisca per imbarcare tutti. In memoria dell’Ulivo targato Romano Prodi. Stavolta le divisioni nella coalizione hanno il sapore di fratture insanabili che proprio nelle ultime settimane si sono concretizzate in mancati inviti e veti incrociati.

Cominciamo dall’ultimo tassello del puzzle, messo oggi da Sinistra Futura, il movimento politico socialdemocratico che in Sardegna è guidato dall’ex consigliere regionale Luca Pizzuto, mentre Paola Casula, sindaca di Guasila, è la vice. In una nota diffusa in tarda mattina, si chiede “la convocazione di un tavolo con le forze del centrosinistra al fine di contenere le esuberanze personalistiche di coloro che ambiscono per proprio interesse a diventare presidenti o consiglieri regionali. Ma ci pare che ancora tutto taccia. E questo non va bene”.

In buona sostanza, Pizzuto ha pensato di sganciare una bomba al napalm per mettere pace in una coalizione che di suo è già a pezzi. Ma soprattutto l’ha fatto senza trovare la forza di menzionare i veri destinatari del messaggio, ciò che invece potrebbe paradossalmente favorire la costruzione di un vero chiarimento. Quindi di un lieto fine. Si aggiunga che il movimento di Pizzuto e Casula è espressione di un gruppo minoritario a sua volta andato in frantumi. La componente di Articolo Uno è l’eredità lasciata da Pierluigi Bersani, ritornato nel Pd dopo l’addio di Matteo Renzi. Sinistra italiana, il secondo troncone interno, è una gamba dell’alleanza con i Verdi nata per le Politiche di settembre 2022 ma in Sardegna non esiste più da tempo.

È in questa rissosa cornice che il centrosinistra prova a cercarsi, quando mancano appena otto mesi al voto delle Regionali. Una manciata di tempo in cui la coalizione deve intanto chiarire se correrà o meno con gli M5s. Finora se n’è parlato due volte: la prima un anno fa, in un incontro organizzato da Paolo Maninchedda e dai Progressisti di Francesco Agus e Massimo Zedda; più di recente, l’8 giugno scorso, sono stati sempre Agus e Zedda a mettere insieme i big di un potenziale cartello elettorale, ovvero gli stessi Progressisti, gli M5s, il Pd e poi i papabili alla presidenza, tra autocandidati e indiscrezioni, da Renato Soru a Graziano Milia passando per Maninchedda.

Sinistra Futura, giusto per fare chiarezza, non è stata invitata. Meglio: via WhatsApp a Pizzuto e Casula è arrivata la locandina dell’evento che si è tenuto al Caesar’s di Cagliari, ma nessuno si è preso la briga di fare loro una chiamata. Sinistra Futura ha ricevuto un trattamento ancora peggiore da Sardegna Domani, il movimento che una settimana fa si è ritrovato per battezzare questo nuovo nome e di cui fanno parte i civatiani di Possibile, guidati nell’Isola da Thomas Castangia, più gli ex Progressisti che hanno mollato Agus e Zedda, cioè i consiglieri regionali Diego Loi, Antonio Piu, Laura Caddeo e Maria Laura Orrù. Sono della partita anche altri due onorevoli in carica, entrambi ex Articolo 1, Eugenio Lai e Daniele Secondo Cocco, che insieme formano ancora un altro partitino, chiamato Sinistra sarda.

Basta così? Niente fatto: per il loro incontro di una settimana fa, quelli di Sardegna Domani hanno invitato Agus e Zedda, dopo che a dicembre Loi, Orrù, Piu e Caddeo li hanno letteralmente presi in giro mettendo il cappello sul partito dei Verdi, pur sapendo che Francesca Ghirra, cresciuta politicamente con Agus e Zedda, è diventata deputata proprio grazie ai voti presi dai Progressisti. A Sassari, infatti, venne ospitato Angelo Bonelli, leader nazionale dei Verdi, chiamato per benedire la nascita del gruppo ambientalista in Consiglio regionale, di cui fannoi parte anche Possibile e gli ex Articolo 1 di Sinistra sarda. Tant’è: qualche giorno fa, quando i Progressisti hanno chiamato a raccolta i giornalisti per parlare di trasferimento del Brotzu a Sant’Elia, come vorrebbe fare Christian Solinas, quelli di Sardegna Domani non sono stati invitati e l’hanno fatto notare.

Ovvio che l’unità del centrosinistra sia un’utopia. Ma, visto che il gioco a escludere in sequenza rischia di lasciare morti e feriti, è bene che una volta per tutte la coalizione divorzi con chiarezza e i vari partiti vadano ciascuno per la propria strada. Sennò sembra il modo di fare di Renzi che, dopo aver fondato la ‘sua’ Italia Viva, aveva la pretesa di correre insieme al Pd. E lo stesso Partito democratico lo assecondò credendo che da separati i rapporti sarebbero migliorati. Invece il problema è che mancava una comune visione di fondo. Non un reato in politica, semplicemente una possibilità da accettare senza drammi.

Su piccola scala è quello che sta succedendo in Sardegna: tra Progressisti e Sardegna Domani non c’è il tanto per andare insieme. Anche perché la bandiera dei Verdi non può stare simultaneamente in due liste diverse, quello che invece sta accadendo ora coi gruppi consiliari e nelle conferenze stampa. Ancora: il cambio di casacca di Lai e Cocco è frutto di una rottura talmente netta con Sinistra sarda, che margini per una ricomposizione non ce ne intravedono. Insomma, tutti fronti di scontro che appaiono insanabili e su cui il centrosinistra avrebbe il dovere di fare finalmente chiarezza. Le minestre riscaldate non hanno mai avuto fortuna, anche i cocci dei vasi rotti non sono un bel vedere, una volta rimessi insieme.

Alessandra Carta

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