Soru contro Maninchedda, M5s pensa al carasau, Milia va via: la serata dei Progressisti

Alessandra Carta

Ecco l’eterno duello tra Paolo Maninchedda e Renato Soru. Ecco il capo degli M5s sardi, Ettore Licheri, che cita la filiera del carasau e fa ribollire di rabbia soprattutto una signora dalle ultime file. Ecco Graziano Milia che resta il tempo di un saluto. Ecco il segretario del Pd sardo, Piero Comandini, che distribuisce qua e là ramoscelli d’ulivo, metaforicamente parlando. Non è la sequenza di un film di Sergio Leone, è semmai la serata dei Progressisti. Ieri il partito di Francesco Agus e Massimo Zedda è riuscito nell’impresa di mettere insieme le minoranze del Consiglio regionale, col primo fedele al proprio ruolo di più efficace oppositore di Christian Solinas e alleati; il secondo invece ha parlato con toni da candidato sindaco a Cagliari.

È stato Francesco Agus a salutare la platea. Cento e più curiosi, ma anche addetti ai lavori e amici, nella sala Angela del Caesar’s hotel, dove le sedie non sono bastate. Il capogruppo dei Progressisti è partito dall’agghiacciante dato venuto fuori ieri dal Rapporto Crenos, come spiegato dall’ex assessore alla Programmazione, Raffaele Paci, relatore scientifico del documento che fotografa lo stato di salute della nostra Isola. Perché due sardi su dieci – ha ricordato Agus – nel 2022 hanno smesso di curarsi. Di qui la necessità di “costruire una coalizione capace di riformare la Sardegna nel profondo”, ha sottolineato il consigliere regionale provando a instillare nella politica sarda che guarda a sinistra quel senso di responsabilità perduto.

Agus chiama l’intervento di Paolo Maninchedda. Silenzio tombale. Il professore scomodo – qui l’intervista di Sardinia Post pubblicata nei giorni scorsi – inizia la lezione. Temi: come si sarebbe dovuto fare opposizione, come si potrebbe governare (compreso il ricordo dei 76 disegni di legge di Roosevelt approvati nei primi cento giorni) e infine il profilo del candidato presidente alle Regionali del prossimo anno. “Competente, onesto, senza conflitto di interessi”, dice Maninchedda.

Maninchedda non ha fatto nomi. Ma Renato Soru, che nei mesi scorsi, in più occasioni, ha pubblicamente espresso il desiderio di buttarsi nuovamente nell’arena politica, si deve essere sentito chiamato in causa. E quando è toccato a lui parlare, prima delle conclusioni di Zedda, ha sfoggiato un comizio magistrale di mezz’ora con appello ai sentimenti, ai figli e ai nipoti, il tutto seguito da immancabili applausi scroscianti. Quindi al momento giusto ha detto: “Non capisco perché un imprenditore non possa fare il candidato, mentre un lavoratore della scuola e un disoccupato sì”.

Maninchedda era già andato via quando Soru ha parlato. Ma non è la prima volta che i due si scontrano sul tema. Certo è che un qualunque dipendente pubblico eletto per ricoprire un incarico istituzionale, si deve mettere in aspettativa dal proprio lavoro. Lo stesso obbligo non ce l’ha il capitano di un’azienda che quindi si ritrova sempre nella posizione ambigua di dover governare senza avvantaggiare la propria impresa ma nemmeno danneggiarla.

Si aggiunga poi che sulla carta Maninchedda e Soru, in questi mesi, sono entrambi potenziali candidati alla presidenza della Regione. Con l’uno che sa dell’altro. Una posizione, questa, nella quale si trova pure il sindaco di Quartu, Graziano Milia, altro nome di peso che circola come potenziale leader della coalizione. Ma al Caesar’s è passato giusto per un saluto. E non aveva altre intenzioni. Nemmeno quella di dire la sua.

Alla convention dei Progressisti è toccato a Ettore Licheri ufficializzare la posizione del movimento: i Cinque Stelle sardi hanno tutta l’intenzione di stringere alleanza con la coalizione di centrosinistra. Nessun accenno alla modalità di selezione del leader, anche se il senatore ha una sua favorita, la consigliera regionale Desirè Manca, sassarese come lui. Sul versante economico, invece, Licheri ha fatto una riflessione che ha scatenato ilarità, ma anche fastidio: “La Sardegna può mantenersi benissimo sulla filiera del carasau”. Dal pubblico è volata anche una parolaccia.

Il balsamo politico lo ha spalmato Piero Comandini che una cosa l’ha chiarita, lasciando intendere che non sarà il Pd a impedire l’accordo con gli M5s, anzi. “Noi – ha detto in sintesi il numero uno del Pd sardo – crediamo nella pluralità della coalizione e la difendiamo, e non abbiamo alcun disegno egemonico rispetto alla scelta del leader alle Regionali del 2024”.

Una lettura in filigrana di quanto detto da Comandini, suggerisce pure un messaggio per Soru: la candidatura dell’ex presidente della Regione non sarà portata dal Pd al tavolo della coalizione, anche se Comandini era un alleato di Soru alle Primarie dello scorso febbraio. Non fosse altro che l’altra metà del partito, quella formata dalla corrente dei riformisti e rappresentata dal presidente del partito, Giuseppe Meloni, la corsa bis di Soru non la sosterrà mai a scatola chiusa.

Infine Massimo Zedda, le cui ambizioni sono note: l’ex sindaco di Cagliari vuole tornare a Palazzo Bacaredda per fare la fascia tricolore. Come non dispiace nemmeno a Comandini, ma la partita elettorale del capoluogo sardo, dove si vota sempre l’anno prossimo, ma in tarda primavera, è in altissimo mare come sta succedendo per le Regionali.

La nota a margine è che al Caesar’s c’era pure Mauro Usai, il dem sardo che al momento ha più peso politico di tutto: il sindaco di Iglesias ha appena riconquistato il Municipio raccogliendo al primo turno, in una sfida a tre, il 73 per cento dei voti. Un risultato che non si vedeva da tempo e non solo in Sardegna. Segno che il buon governo paga. Il resto è una macchina del consenso ancora da mettere in moto. E non sarà una passeggiata, visto che l’anno prossimo non si aprono solo le urne della Regione e quelle di Cagliari, ma si vota pure a Sassari e ci sono anche le Europee.

Alessandra Carta

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