Le Montblanc a casa di Diana? Regali di rappresentanza, è l’autodifesa dell’onorevole

Si prepara al contrattacco, Mario Diana, pronto a convocare una conferenza stampa per raccontare la sua verità su quei 271mila euro diventati accusa di peculato. Spese autorizzate quando era capogruppo del Pdl, ovvero il “tesoriere” dei fondi che il partito riceveva ogni mese dal Consiglio regionale. I soldi erano a disposizione di tutti i 31 onorevoli berlusconiani. Diana, poi, pagava materialmente le fatture ai fornitori firmando gli assegni. Questo – viene fuori dall’entourage dell’onorevole – era il metodo Pdl, scritto nel regolamento interno voluto da Diana e approvato dal gruppo.

L’ATTESA. Il Consigliere di Oristano non ha ancora fissato la data della sua conferenza stampa. Ma in virtù di quel metodo gli sviluppi nell’inchiesta non dovrebbero mancare. Per una ragione: Diana non solo avrebbe conservato le matrici degli assegni che firmava, ma su ognuno dovrebbe aver scritto quale consigliere gli presentava i conti da pagare. Le fatture saldate sarebbero diverse migliaia. Quindi, una serie di spese che oggi sono attribuite a Diana, potrebbero tornare in capo ad altri onorevoli, di fatto gli utilizzatori finali degli assegni.

LA DIFESA. Diana è stato capogruppo da marzo 2009 (inizio della legislatura), ma il pm Marco Cocco, titolare dell’inchiesta bis sulle “spese pazze” in Consiglio, gli contesta acquisti fatti tra il 2010 e il 2012. Sino a giugno, mese in cui Diana lasciò il Popolo delle libertà per diventare il leader di “Sardegna è già domani”. La difesa dell’ex pidiellino è stata delineata ieri dallo stesso Diana in una nota di smentita: in quel periodo non sono mai stati comprati Rolex. Ma – si ripete ancora in ambienti vicini all’onorevole – nemmeno orologi di altre marche. Né a novembre né in altri mesi. E neppure in altri anni. Di più: il consigliere è sicuro di non aver mai pagato fatture ad alcuna gioielleria. Questo perché tutti gli assegni – è un altro snodo dell’autodifesa – sarebbero stati intestati ai fornitori e mai ai singoli consiglieri del Pdl.

LA PERQUISIZIONE. Invece: quanto ai libri e alle penne, quelli – sostengono ancora i difensori di Diana – rientravano nelle spese di rappresentanza espressamente citate nel regolamento Pdl. Certo: resta da capire perché libri e Montblanc fossero nella casa dell’onorevole, a Oristano. Ma Diana, a quanto pare non preoccupato, è convinto di poter spiegare la stranezza alla Procura della Repubblica.

Alessandra Carta

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