L’ANALISI di CARLO MANNONI. Ecco le norme che svelano il bluff del Pps

Ezio Garzillo, il valoroso direttore regionale dei Beni culturali e paesaggistici della Sardegna tra il 2008 ed il 2010, scriveva qualche mese fa, sulla rivista Eddyburg, che il ministero dei beni culturali, in termini di pianificazione paesaggistica, non è un notaio che possa prendere semplicemente atto delle decisione della nostra Regione. Regione e Stato (che ha la competenza primaria nella materia “paesaggio”), procedono infatti di norma assieme alla “copianificazione” paesaggistica, e l’atto finale, “complesso a complessità uguale” come dicono i giuristi per sottolineare la presenza di due o più autorità che lo sottoscrivono, non ha valore se non è firmato, oltreché dalla Regione, anche dal ministero dei Beni culturali.

Quel richiamo, tanto chiaro quanto perentorio per l’autorevolezza del personaggio da cui proviene, è tornato di tutta attualità con il bluff di Cappellacci  sul piano paesaggistico regionale aggiornato e corretto e di prossima pubblicazione per l’avvio del procedimento di approvazione finale (dopo l’esame delle osservazioni di coloro che vi hanno interesse ed il parere del consiglio regionale). La direzione regionale dei Beni culturali e paesaggistici della Sardegna ha infatti smentito, a pochi minuti dall’annuncio del presidente della Regione e dei suoi assessori, il coinvolgimento dello Stato nell’elaborazione del testo presentato dalla giunta regionale.
Carta straccia, quindi, o per dirla più diplomaticamente, un atto privo di alcun valore giuridico che verrà pubblicato al solo fine di avviare, dalla settimana prossima, la campagna elettorale basata su un concetto base: il territorio è vostro, cioè del popolo sardo, quindi fatene ciò che volete. Ovvero il territorio costiero della Sardegna liberato da vincoli come generatore di consenso elettorale. Stesso stile e stessa tattica come per la flotta sarda e la zona franca integrale.A Cappellacci non interessa il risultato, ma l’illusione che l’annuncio ed il relativo consenso genera in una terra a tratti stremata da una crisi senza pari.

A 24 ore di distanza dall’ennesima mistificazione lo stesso Cappellacci si produce, oggi, in una piroetta giuridico istituzionale che ne sottolinea lo spessore e l’affidabilità di uomo delle istituzioni. Dimenticando gli accordi sottoscritti lo scorso anno con la direzione dei Beni culturali e paesaggistici della Sardegna che regolavano le congiunte operazioni di “copianificazione” relativa agli aggiornamenti del Ppr, e ben sapendo di aver intrapreso una strada senza uscita ed ingannevole per i sardi, ma che gli servirà per le prossime elezioni, ha affermato in una intervista al Tg3 Regione che la Sardegna ha competenza primaria in materia di paesaggio e quindi la giunta regionale procederà autonomamente alla modifica del piano paesaggistico regionale prescindendo dalla volontà dello Stato.

Tal affermazione non ha alcun fondamento giuridico e lascia pertanto sconcertati anche i più critici, pur abituati ai ripetuti ed ingannevoli annunci del presidente della Regione. Non vi è, infatti, nel nostro statuto di autonomia alcuna disposizione che attribuisca alla Regione la competenza primaria sul “paesaggio”, competenza che risulta radicata nelle attribuzioni dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione).

La Regione risulta infatti competente in materia di “bellezze naturali” solo a seguito della delega disposta dall’articolo 57 del Dpr 348 del 1979 (norma di attuazione dello Statuto), mentre la competenza primaria dello Stato nella materia “paesaggio” è stata ribadita, nei confronti delle Regioni sia a statuto ordinario che speciale, da ripetute sentenze della Corte costituzionale e, da ultimo, con la sentenza n. 211 del 3 luglio 2013 che ha sancito l’illegittimità di una norma regionale che, in violazione dell’articolo 145 del codice del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004) , escludeva qualsiasi partecipazione degli organi ministeriali nel procedimento di verifica di compatibilità degli strumenti di pianificazione delle amministrazioni locali al Piano Regionale Paesistico.

Si tratta di un pronunciamento confermativo di altri, ben conosciuti anche dalla nostra Regione, attraverso i quali la Corte costituzionale ha più volte ribadito che il paesaggio deve essere considerato un valore primario ed assoluto e che la tutela apprestata dallo Stato costituisce un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome possono dettare nelle materie di loro competenza (sentenze nn. 101/2010, 437 e 180 del 2008, nn. 378 e 367 del 2007). E che in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio, la disciplina statale costituisce un limite minimo di tutela non derogabile dalle Regioni, ordinarie o a statuto speciale, e dalle Province autonome (sentenze n. 272 del 2009 e n. 378 del 2007).

Una foto ricorderà la “storica” giornata del 25 ottobre 2013 presso l’ufficio di rappresentanza della Regione a Sassari: gli assessori regionali immortalati mentre si stringono attorno al presidente Cappellacci per assaporare il traguardo raggiunto nello stesso momento in cui il cristallo del grande tavolo delle riunioni restituiva loro l’immagine del naso lungo del Pinocchio e dei pinocchietti di Sardegna per l’ultima delle favole raccontate ai sardi.

Carlo Mannoni

 

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