Primarie Pd, parla Castangia: “Il tempo dei big è finito”

Con Thomas Castangia, 39 anni, civatiano, ingegnere elettronico, comincia il giro di interviste ai candidati alla segreteria del Pd sardo.

Quarant’anni da compiere il 15 dicembre, ingegnere elettronico, civatiano di ferro nato politicamente nei Ds. Parte da qui, Thomas Castangia, lo sfidante giovane di Renato Soru e Ignazio Angioni alla segreteria regionale del Pd. Nessun big a tirargli la volata in questi 39 giorni di campagna elettorale, perché nella Traversata – il movimento democratico che lo sostiene e l’ha candidato – sono tutti come Castangia. “Noi vogliamo un partito che decida senza dover prima rispettare le alchimie interne. Ai sardi non interessano gli equilibri del potere, quelli stessi a cui si è data priorità negli ultimi sette anni”.

Castangia, la sua campagna elettorale è partita oggi dalla sede del Pd in via Emilia a Cagliari. E non l’ha mandata a dire: Soru e Angioni hanno già un incarico – eurodeputato l’uno, senatore l’altro – e per questo sono poco adatti a fare il segretario, secondo lei.

Io ho spiegato che quando si ricopre un incarico, istituzionale o politico che sia, serve un impegno a tempo pieno. Guidare un partito da Strasburgo o da Roma non è la stessa che farlo dalla Sardegna. Per ricostruire il Pd bisogna ricominciare a girare i territori, non basta cercare gli elettori una volta ogni cinque anni per strappare loro un voto.

Perché parla di ricostruzione?

Non si può certo dire che il nostro Pd goda di ottima salute. Anche quando si è trovata l’unità di una maggioranza allargata, lo si è fatto per combattere qualcuno. E comunque sempre sacrificando il rinnovamento. È ora che il Partito democratico sardo venga preso in mano da una nuova classe dirigente.

È diventato rottamatore come Renzi?

C’è una bella differenza tra rottamare e rinnovare. Non si tratta di fare fuori qualcuno, men che meno quanti hanno lavorato per il partito, anche nelle esperienze pre-Pd. Ma se tutti siamo indispensabili, nessuno è insostituibile.

Curriculum a parte, che differenza c’è tra lei e Soru?

Renato pensa che la sua leadership, riconosciuta da tutti, basterà per risollevare le sorti del Pd e allargare il consenso. Io credo invece che la frattura tra classe dirigente e opinione pubblica possa essere ricomposta solo se i cittadini vengono chiamati a esercitare un potere decisionale, negato loro per il solo fatto di essere base. I processi collegiali della partecipazione sono stati sostituiti dal verticismo delle scelte. Noi vogliamo una classe dirigente diffusa, non un’élite al comando.

La mancata avanzata dei giovani, però, non può essere imputata esclusivamente alla chiusura dei big.

Vero. Noi giovani non abbiamo saputo distinguerci nei congressi, ci siamo mossi spaiati, non siamo riusciti a proporci come alternativa, creando un asse di rottura.

Mettiamo che lei vinca le primarie del 26 ottobre. Chi chiamerebbe nella sua segretaria?

Intanto uno come Emiliano Deiana, sindaco di Bortigiadas, una risorsa non valorizzata. Un amministratore di grandissima competenza sugli enti locali. Penso anche ai ragazzi di Unica 2.0 come Marco Meloni, perché nessuno meglio di loro può portare all’attenzione della politica il diritto allo studio. Faccio anche i nomi di Luca Clemente e Pietro Morittu.

Quanto circolano nomi di giovani si discute anche del confine labile tra rinnovamento e cooptazione.

Il confine, invece, si può tracciare con nettezza: è cooptazione quando sono i big a scegliere l’erede. È rinnovamento, se un gruppo si organizza intorno a un’idea di partito. E di Sardegna, nel nostro caso.

Sta lanciando un appello all’unità alla sua generazione?

Io spero che i 30enni e i 40enni vadano a votare il 26 ottobre, a prescindere da chi sostengono. Certamente mi auguro che la mia proposta raccolga anche un consenso generazionale.

L’altro suo sfidante è Angioni, cioè la Lega coop delle tantissime tessere. Come si combatte questo altro pezzo di apparato?

Non siamo in battaglia, piuttosto ci confronteremo sui contenuti. Ignazio è portatore di un’idea chiusa di partito. Di un Pd troppo ripiegato su stesso, dove contano e fanno la differenza gli anni di militanza. Noi no, e magari sbagliamo, ma vogliamo un Pd dove ci si metta in gioco anche senza aver mai fatto prima un giorno di politica.

Lei corre senza la benedizione di un solo big. È uno svantaggio?

Non credo sia né uno svantaggio né un vantaggio. Perché i sardi scelgono in base al progetto, non ai supporters.

Chi finanzierà la sua campagna elettorale?

Faremo da soli, coi nostri soldi e con le donazioni. Con quello che ci potremmo permettere. Abbiamo poche risorse ma molto entusiasmo.

In questi giorni è caccia al suo curriculum politico. Si dice che un padrino lo abbia avuto anche lei, precisamente Antonello Cabras.

Ho cominciato a fare politica nella Federazione Ds del Sarcidano e dell’Ogliastra. Allora ero ventenne, non sapevo nemmeno chi fosse Antonello. Ho collaborato con Nazareno Pacifico quando era consigliere regionale: siamo ancora in ottimi rapporti, ma io sono andato per la mia strada.

Sino alla fine Silvio Lai ha chiesto anche lui il rinnovamento. Perché non vi siete trovati?

Silvio, in questi cinque anni di leadership, ci ha provato, ma non ha saputo rompere certi equilibri, quindi creare nuovi spazi nel partito. A volte è più costruttivo dividersi in modo chiaro piuttosto che trovare un’unità di facciata.

Il suo Pd che rapporti stabilirebbe con la Giunta regionale?

Darebbe indirizzi politici chiari e si occuperebbe meno di nomine. E poi trovo surreale che ad appena sei mesi dalle elezioni si parli già di rimpasto.

Chi ne ha parlato?

Il segretario ha pubblicamente detto che un rimpasto non è opportuno. Ciò vuol dire che se ne discute.

La sua proposta politica alla Giunta quale sarebbe?

Rafforzare, in un’ottica più moderna, la specialità sarda e concentrarsi su una lista di priorità. I soldi a disposizione della Regione non sono molti e non saranno tanti nemmeno nei prossimi anni. Per questo è necessario individuare una serie di interventi chiave. Per esempio, trovo che vada perseguito il progetto del Master&back per una nuova generazione di imprenditori, come nella proposta del presidente Pigliaru. Ma anche sull’agroalimentare bisogna investire risorse: l’Expo di Milano 2015 apre a occasioni che vanno raccolte e sfruttate.

Esiste davvero un sondaggio che dà al 60 per cento?

Io non l’ho visto.

Castangia dove punta?

A diventare il segretario del Pd sardo. Non contro qualcuno, ma per un progetto.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

 

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