E il consiglio regionale s’inventò la legge ad personam per il portaborse di De Mita

Il caso di Marco Fadda, assistente parlamentare del notabile avellinese al Parlamento europeo e approdato ora tra i ranghi della dirigenza regionale. Grazie a un emendamento ad hoc infilato di straforo in una legge approvata dal Consiglio cinque mesi fa. Allora sembravano poche righe senza alcuna conseguenza. Oggi si sono trasformate in un contratto da 80mila euro l’anno con una legge che i sindacati definiscono un “privilegio ad personam”.

La vicenda è intrisa di tecnicismi da Prima Repubblica. E non potrebbe essere altrimenti, quando l’attore principale è Mario Floris, la comparsa Ciriaco De Mita e la giovane promessa si chiama Marco Fadda, un passato tra l’Arel di Beniamino Andreatta e portaborse di De Mita al Parlamento europeo dal 2001 al 2004 e poi ancora dal 2009. Il curriculum riporta anche alcune docenze a contratto all’Università di Cagliari e diverse nomine fiduciarie di carattere squisitamente politico. Oltre alla presidenza di un centro studi. Con sede a casa sua.

La storia

Capita che nel 2009 la Regione pubblichi un bando per la selezione di 57 dirigenti. Al concorso – dicono le regole – possono partecipare i funzionari con almeno cinque anni di servizio oppure i laureati che esercitano una professione per la quale è richiesta l’iscrizione all’albo. E all’albo si accede dopo la laurea con l’abilitazione, vale a dire il cosiddetto “esame di Stato”. È il caso, ad esempio, di avvocati, ingegneri, notai. Insomma, il bando non sembra contemplare la figura del ‘perito agrario’, professione che Marco Fadda ha esercitato tra il 1985 e il 1993. Da diplomato. La laurea arriverà solo dieci anni dopo, in Scienze politiche, come si vede dal suo curriculum. E la ‘promozione’ a funzionario ancora più tardi, alla fine del 2006. Così, per soddisfare i criteri di ammissibilità previsti dal bando 2009, all’appello gli mancano almeno due anni da funzionario.

Tentare non costa nulla

Che fare? Semplice: Fadda si disinteressa dei titoli richiesti, presenta ugualmente la domanda di partecipazione e dopo che la commissione ribadisce la mancanza di requisiti, presenta un ricorso al Tar. Che, com’è prassi, opta per l’ammissione con riserva e rimanda il giudizio di merito a una fase successiva. Ovvero: se il ricorrente (Fadda) dovesse vincere il concorso, allora si entrerà nel merito. E in questo caso il Tar avrebbe rigettato il ricorso considerando il titolo di perito agrario non consono ai requisiti richiesti dal bando, che impone l’iscrizione a un albo per il quale è prevista la laurea. Questione chiusa. E invece…

Il consiglio ci mette una pezza, la giunta fa il resto

Il 12 giugno 2012 il consiglio regionale deve fronteggiare le conseguenze del referendum-uragano che un mese prima ha cancellato le indennità. Per ripristinarle – con la promessa di ritoccarle in un secondo momento – l’assemblea approva una legge ad hoc. Nella quale infila anche un emendamento sul concorso dirigenti, primo firmatario Giulio Steri, Udc. Il quale, vista l’interpretazione della giunta e l’assunzione di Fadda, pare non sia proprio contento. Anche perché, sulle prime, l’emendamento non sembra comportare grosse conseguenze. Dice che se ci sono riserve sul possesso dei requisiti, i criteri da applicare sono quelli previsti dalla legge regionale 31 del 1998, il ‘testo sacro’ che tra le altre cose regola anche l’accesso ai ruoli regionali. In verità, rispetto a quanto previsto dal bando, non ci sono molte differenze. Solo una: la 31 si può prestare – con una “arrampicata sugli specchi”, dicono i sindacati – ad una interpretazione per così dire più malleabile.

Un atto dovuto. Per l’assunzione di Fadda. Perché il Tar…

Negli uffici del Tar il nome di Marco Fadda è abbastanza conosciuto. Non fosse altro per la mole di ricorsi che, puntuali ogniqualvolta la Regione ‘cerca’ nuovi dirigenti, giungono al Tribunale amministrativo. Che già nel 2008 aveva chiarito come i criteri inseriti – uguali a quelli del 2009, poi ‘aboliti’ con la leggina regionale di cinque mesi fa – non solo non fossero lesivi nei confronti di Fadda, ma anzi avessero il merito di specificare meglio quanto previsto dalla 31/1998. E a quel punto, il titolo di ‘perito agrario’ perdeva ogni valore.

La delibera di giunta e l’interpretazione di Mario Floris

Ma grazie all’emendamento, la situazione viene radicalmente modificata. Tanto che pochi giorni fa l’assessore regionale al Personale Mario Floris presenta alla giunta una delibera di assunzione. È quella che riguarda Marco Fadda. Dice il navigato politico dell’Uds che le cose sono parecchio cambiate e che le riserve sui ‘candidati’ ammessi con riserva (ovvero il solo Fadda) non sussistono più perché basta essere in possesso dei requisiti alla data di approvazione della legge, vale a dire il 12 giugno 2012.

C’è puzza di incostituzionalità. Ad personam. E le lancette dell’orologio corrono…

La tesi di Floris pare non essere in linea con i principi costituzionali, poiché è notorio che i requisiti per l’accesso a un concorso debbano essere posseduti alla data in cui il bando scade, ovvero quando si chiudono i termini per la presentazione delle domande di ammissione. E a presentare parecchi dubbi di legittimità è la stessa legge del giugno 2012 citata da Floris come lasciapassare all’assunzione di Fadda, poiché interviene a posteriori su un bando chiuso e (quasi) sepolto, visto che la procedura è stata archiviata più di un anno prima. In questo caso invece non si fa altro che spostare le lancette dell’orologio avanti di tre anni, dal 2009 al 2012. E così Fadda matura i cinque anni da funzionario. Se ne è “accertato”, come si legge nella delibera di assunzione, l’assessore Floris in persona.

Professione perito agrario

La vicenda diventa grottesca quando Marco Fadda, interpellato, dà addirittura un’altra interpretazione. Rigetta la tesi della legge ‘ora per allora’ – le famose lancette dell’orologio di Mario Floris spostate avanti tutta – e cita anch’egli la legge 31 del 1998. Che ammette al concorso “i soggetti in possesso del diploma di laurea ed esercenti una libera professione con almeno 5 anni di iscrizione al relativo albo”.

“E io sono perito agrario”, ricorda Fadda. Che separa in questo modo l’essere laureati dal relativo albo perché “una cosa è la laurea – sostiene – e un’altra è l’albo”. Quindi il requisito maturato non è relativo ai cinque anni da funzionario regionale, ma il riconoscimento della libera professione di perito agrario. Ovvero, laurea in Scienze politiche da un lato, albo da perito agrario dall’altro. Una distinzione che vale un contratto da 80mila euro l’anno.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

 

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