È definitivo: solo Cagliari città metropolitana. E restano le vecchie province

I ‘ribelli’ del centrosinistra stanno deponendo le armi: seppure a denti stretti è digerito l’accordo su come riorganizzazione gli enti locali.

Alla fine i ‘ribelli’ del centrosinistra hanno dovuto digerire l’accordo: la riforma delle Province non promuoverà Sassari e la Gallura a città metropolitane, per pareggiare il conto con Cagliari. E degli enti intermedi resteranno solo i quattro vecchi: quello del capoluogo, che andrà a chiamarsi Sud Sardegna, più Oristano, Nuoro e appunto il Sassarese. La loro soppressione, come noto, spetterà al Parlamento con la modifica della Costituzione (riforma Boschi). Il Medio Campidano, il Sulcis, l’Ogliastra e la Gallura, invece, possono essere cancellate perché istituite nel 2003 con legge regionale.

È un’intesa a denti stretti, quella che ha prima diviso e poi di nuovo unito la coalizione di governo. Decisiva è stata la fermezza del tandem Pigliaru-Erriu col governatore che, da un lato, si è detto pronto a dimettersi nel caso in cui i consiglieri non avessero rispettato la linea della Giunta e dall’altro l’assessore agli Enti locali ha ugualmente mantenuto il punto sul suo ddl di gennaio 2015. Ciò vuol dire che in Aula, dove la riforma approderà per la conversione in legge, non sono previsti né franchi tiratori né patti di ferro con l’opposizione.

Il riordino degli Enti locali è ancora al vaglio della commissione Riforme che martedì, dalle 16, comincia l’esame degli emendamenti, la cui presentazione scade alle 12 dello stesso giorno. Materialmente saranno accolte o respinte le eventuali modifiche a ogni articolo che, a sua volta, sarà poi votato.

Andremo a oltranza“, dice il presidente Francesco Agus (Sel), sebbene nessuno possa prevedere quanto tempo ci vorrà per mettere il sigillo ai 76 articoli che compongono la riforma. E sono 16 in più rispetto al ddl Erriu. Agus sottolinea: “Il lavoro è ormai alle battute finali su una legge complessa, rispetto alla quale la commissione sta ultimando alcune modifiche tecniche”. Su tutto si stanno definendo i dettagli per il passaggio del personale dalle Province alle Unioni dei Comuni, con l’obiettivo di non lasciare i dipendenti senza stipendio. Ma la sostanza del testo non è cambiata: nessuna moltiplicazione di enti e referendum del 2012 recepito, con la soppressione immediata delle nuove Province.

E a proposito delle Unioni dei Comuni, saranno queste il fulcro della nuova organizzazione amministrativa regionale: tutti i centri dell’Isola avranno l’obbligo ad accorparsi per dare vita a tre tipi di enti: normali, ovvero quelli che dovranno rispettare semplicemente la regola dei 10mila abitanti e almeno quattro Comuni sotto lo stesso ombrello. Poi ecco le Unioni montane, per le amministrazioni sopra i 600 metri di altitudine, e quelle metropolitane, caratterizzate dalla presenza di un porto e un aeroporto, come nel caso di Olbia e di Sassari che farà sponda con Porto Torres, Alghero, Sorso e Sennori.

Cagliari sarà la sola città metropolitana della Sardegna allargata a 17 Comuni con Sestu, Quartu, Quartucciu, Selargius, Monserrato, Elmas, Capoterra,  Assemini, Sinnai, Settimo, Decimo, Maracalagonis, Pula, Sarroch, Villa San Pietro e Uta. Più il capoluogo, ovviamente.

Nella legge, e pure su questo si stanno facendo le ultime limature, verranno definiti i tempi per lo scioglimento delle nuove Province e quindi istituire le Unioni dei Comuni. Peraltro: ciascuna dovrà dotarsi di un proprio statuto, su cui la commissione vuole dare indicazioni di massima per la scrittura, in modo da non arrivare a modelli organizzativi troppo diversi. Le Province che restano saranno invece depotenziate con una competenza ridotta alle sole tre funzioni fondamentali: ambiente, strade e scuole.

La riforma degli enti locali entro dicembre sarà portata a casa, con un tempo record di discussione pari a undici mesi. Ma dalla sua approvazione dipenderà anche la futura organizzazione della rete ospedaliera, altro tema caldo della maggioranza che sulla sanità si dovrà concentrare nei prossimi mesi.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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