In questi ultimi mesi si è sviluppato un acceso dibattito sulla questione delle pale eoliche. Da una parte coloro che si oppongono a una decisione calata dall’alto che prevede una grande quantità di impianti di produzione di energia, dall’altra coloro che sostengono la necessità di sostituire fonti tradizionali ed inquinanti di produzione di energia con fonti rinnovabili. Come spesso capita, la realtà non è bianca o nera, e una visione dualistica non è adeguata, dato che ci sono tante posizioni intermedie. Per quanto mi riguarda, non ho dubbi sul fatto che occorra investire sulle fonti rinnovabili e aumentare la quantità di energia prodotta in questo modo. Se poi, magari, ci concentrassimo anche su come consumare meno energia, piuttosto che solamente su come produrne di più, avremmo una formidabile fonte aggiuntiva.
In ogni caso, per poter assumere decisioni in modo razionale dovremmo avere alcuni dati a supporto. Per questo, avrei tre domande da porre sia a chi realizza questi impianti, sia ai nostri decisori politici, a partire dalla presidentessa della regione e ai ministri competenti. La prima domanda riguarda la quota di ricchezza prodotta con le pale eoliche che resta sul territorio. Ad esempio, consideriamo la stima dei ricavi generati dall’impianto denominato “Monte Rosso” con potenza di immissione in rete pari a 92.4 Mw da realizzarsi nei comuni di Putifigari ed Ittiri (SS); lo studio di fattibilità evidenzia ricavi pari a circa €11.400.000 (lo studio di fattibilità è disponibile su https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://va.mite.gov.it/File/Documento/804898&ved=2ahUKEwjoj-eFzJ-IAxXk8AIHHeN2AekQFnoECC8QAQ&usg=AOvVaw3VpVkqnXPpfvQCW_iX_qVu); la domanda è quindi, quanti di questi euro restano in Sardegna, non solo a titolo di eventuali retribuzioni, ma di compartecipazione agli utili? In altre parole, se un Comune o un privato mettono a disposizione propri terreni per realizzare impianti di questo tipo, quanto incassano? Stiamo ragionando su una equa ripartizione? Se a fronte di ricavi di oltre 11 milioni il Comune incassasse solamente poche decine di migliaia di euro, forse ci sarebbe da discutere.
La seconda domanda riguarda le garanzie che si chiedono a chi realizza questi impianti per essere sicuri che alla fine della vita utile le pale eoliche vengano smontate e smaltite correttamente. Si stanno chiedendo adeguate polizze fideiussorie rilasciate da primari istituti di credito o assicurativi? Questo per evitare scempi ambientali come quello della Sardinia Gold Mining, costituita nel 2001 dall’ente regionale sardo Progemisa e dalla società australiana Gold Mines of Sardinia per l’estrazione di oro e dichiarata fallita nel 2008, senza svolgere le opere di risanamento previste.
La terza domanda riguarda la capacità di trasporto di energia al di fuori della Sardegna. Già attualmente la Sardegna produce più energia di quella che consuma. Anche ipotizzando la chiusura di attuali impianti inquinanti, è ragionevole pensare che il surplus di energia prodotta in Sardegna rispetto al fabbisogno, aumenti. Una volta che saranno in produzione i nuovi impianti di produzione da energie alternative, anche tenendo conto di nuovi cavi per il trasporto, si avrebbe la sufficiente capacità di trasportare tutta l’energia prodotta?
Fornire adeguate e motivate risposte a queste domande consentirebbe di costruire un solido rapporto di fiducia tra istituzioni, imprese e i cittadini, giustamente preoccupati per la grande mole di nuovi impianti previsti. Le imprese fanno il loro lavoro, investono in vista di un profitto. Ma anche i cittadini fanno la loro parte, mostrando forte e lodevole impegno a difesa del territorio, già troppe volte violentato in modo indiscriminato. Sarebbe bello avere delle istituzioni in grado di assumere decisioni su dati il più possibile oggetti, in modo trasparente, sia per i bene dei cittadini, che per quello delle stesse imprese.
Alessandro Spano
(Professore ordinario di Economia Aziendale all’Università di Cagliari)