Fondi ai gruppi, l’indagine si allarga

Riccardo Cogoni, il golden boy dell’imprenditoria cagliaritana finito in manette per l’inchiesta sui fondi ai gruppi, non aveva rapporti solo col gruppo del Pdl.  Risulta che abbia fornito prodotti di cancelleria a diversi altri partiti presenti nel Consiglio regionale. Ci sono le fatture, di cui la Procura, adesso, sta verificando la regolarità.

Il particolare viene fuori nel giorno dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame, chiamato a decidere sulla scarcerazione dell’imprenditore oltre che dei consiglieri Mario Diana e Carlo Sanjust,  arrestati insieme a Cogoni il 5 novembre. Il verdetto non si conoscerà prima di lunedì.

E’ stato proprio per sostenere la sua opposizione alla scarcerazione che  il pm Marco Cocco, titolare della doppia inchiesta sulle spese pazze in Consiglio, ha affermato che l’indagine si sta estendendo. E che, in sostanza, il rischio di inquinamento delle prove è ancora presente.

Il ruolo di Riccardo Cogoni – difeso dagli avvocati Anna Maria Busia e Massimiliano Ravenna – pare diventare sempre più rilevante con l’evolversi degli accertamenti.  Nel carcere di Buoncammino è finito per un giro di fatture da 101.898 euro, ricevute di pagamento intestate al Pdl e che sarebbero false, secondo il pm. Solo in biglietti di auguri, tra dicembre 2009 e aprile 2010, ha fatturato al gruppo berlusconiano 38.400 euro. Aggiornamento: il tribunale del riesame ha concesso a Cogoni gli arresti domiciliari su richiesta di scarcerazione avanzata dai legali.

Adesso sono sotto la lente del pm tutte le altre ricevute firmate da lui. Di certo ha fornito cancelleria anche al Partito democratico. Un fatto che di per sé non sarebbe strano (è l’attività ordinaria di Cogoni) se non fosse avvenuto all’interno di una sorta di “sistema” all’interno del quale, è una  convinzione dell’accusa, il problema di giustificare le uscite era diventato pressante.

Si indaga dunque sull’attività delle quattro società attraverso cui Cogoni ha operato. Intanto la Simba Turismo srl e la Risiko Service srl, a cui si legano i 101.898 euro del presunto concorso in peculato. Ma anche due Sas: la Fsg (Forniture Servizi Generali) e la Ecoprint (Personal computer). Il pm starebbe accertando la regolarità dei pagamenti. Ancora una volta per verificare se le fatture chieste a Cogoni dai gruppi consiliari riguardino acquisti reali o siano una copertura delle “spese pazze”. Cioè di quei fondi pubblici usati dagli onorevoli per fare shopping e non attività politica.

 

Alessandra Carta

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