Riccardo Cogoni, l’imprenditore della “Cagliari bene” e quella montagna di biglietti di auguri

Di lui non si era mai saputo nulla. Eppure Riccardo Cogoni, l’imprenditore cagliaritano finito in manette per concorso in peculato nell’inchiesta sui fondi ai gruppi consiliari, era stato interrogato in Procura già l’8 agosto del 2013. E poi di nuovo il 3 ottobre. Da Cogoni, tra le altre cose, l’onorevole Mario Diana avrebbe acquistato biglietti di auguri per un valore di 38.400 euro. Questo  tra dicembre 2009 e aprile 2010. Cioè un Natale e una Pasqua. Ma senza considerare la stampa, commissionata ad altre due società per altri 12mila euro.

Cogoni compirà 44 anni il 5 dicembre. L’imprenditore è un figlio della Cagliari bene e fa business con enti pubblici e aziende private. Affari intersettoriali, dalla brochure agli i-pad, cancelleria e informatica, su tutto. Secondo l’accusa, Cogoni avrebbe coperto le spese pazze di Diana con un giro di fatture false per un importo di 101.898 euro. Lo difende Anna Maria Busia, che dice di lui: «È una persona perbene, uno che lavora, dimostreremo la sua totale estraneità».

Sul ruolo avuto dall’imprenditore nel presunto peculato, il gip Giampaolo Casula scrive: «Ha materialmente partecipato alla realizzazione del fatto, con il reciproco rafforzamento del proposito e più azioni esecutive». Sono due le società con cui Cogoni avrebbe emesso le fatture false: una è la Riko Service srl, l’altra la Simba Turismo srl. Con la prima l’imprenditore avrebbe garantito una copertura di 36.688 euro, con la seconda 65.210, «consentendo di occultare l’appropriazione di quelle risorse».

L’acquisto più famoso che lega Cogoni a Diana è quello dei due Rolex, una spesa di 6mila euro. L’imprenditore l’avrebbe coperta attraverso la fattura numero 22, di cui si legge nell’ordinanza. «Una fattura falsa», ha scritto il gip. Perché, secondo l’accusa, «è riferita a un convegno organizzato a Olbia sul piano casa», di cui «non è stata rinvenuta traccia alcuna, nemmeno durante la perquisizione nella casa di Diana», a Oristano. Era il 30 settembre scorso.

Al pm Marco Cocco, titolare dell’inchiesta, Cogoni ha detto: «Posso affermare che la mia società ha fornito cancelleria e brochures, ma non ha curato il buffet né la presenza di due hostess». Tuttavia, per ammissione dello stesso imprenditore, nella fattura 22 sia il rinfresco che il servizio di accoglienza sono indicati «come prestazioni rese», perché questo «mi fu espressamente richiesto dal gruppo Pdl». Tanto che il pm aveva sentito in Procura pure un dipendente del Pdl, dal quale però è arrivata una smentita. «Non ricordo assolutamente – ha detto l’impiegato – di aver mai impartito tali disposizioni, anche in ragione del fatto che non comprendo il motivo per il quale eventualmente avrei dovuto fare tale richiesta».

L’acquisto dei Rolex è solo un esempio da cui la magistratura ha ricavato il sistema che Diana avrebbe concordato con Cogoni per coprire il proprio shopping fatto con i soldi pubblici. Di certo, l’onorevole ex pidiellino ha commissionato all’imprenditore una montagna di biglietti di auguri. Una prima fattura, la numero 9 del 2 dicembre 2009, vale un importo di 6mila euro. Poi ecco la 10 del 3 dicembre e sono altri 4.800 euro. Questo attraverso la Riko Service. Vanno aggiunti i biglietti di auguri confezionati dalla Simba Turismo: 15.600 euro divisi in tre fatture.

Insomma, tra 2009 e 2010, per dedicare un buon Natale, un felice anno nuovo e una serena Pasqua ai suoi elettori, Diana avrebbe speso 50.400 euro. In Procura Cogoni ha poi raccontato che, attraverso le sue società, curava pure «piegatura dei biglietti, imbustatura, affrancatura e consegna». E, a domanda precisa del pm su dove acquistasse i francobolli, l’imprenditore ha risposto: «Mi rifornivo un po’ ovunque, per esempio nel bar Matta, oppure dal tabaccaio di via Scano».

Alessandra Carta

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