Cappellacci: “Il commercialista di Berlusconi ero proprio io, non mio padre”

No, a quanto pare l’investitura ufficiale da parte di Silvio Berlusconi ancora non è arrivata, ma Ugo Cappellacci dà per scontato che correrà una seconda volta per la guida della Regione. Perché “di solito il presidente uscente viene ricandidato” e anche perché (pur senza ancora ricevere la ‘benedizione definitiva) dell’appuntamento elettorale ha già parlato col Cavaliere. Del quale – e questa è forse la novità più rilevante – è stato proprio il commercialista. Sul punto il governatore è categorico: non era suo padre a seguire le questioni fiscali di Berlusconi: le seguiva lui, in prima persona.

Lo afferma in una lunga intervista a l’Unione sarda oggi in edicola nella quale sminuisce i suoi guai giudiziari (un processo per bancarotta e l’indagine sulla cosiddetta P3) presentandoli come una malattia professionale di chi svolge un’attività politica a certi livelli: “Ricevere un avviso di garanzia è una sorta di pre-condanna nell’immaginario collettivo e sui giornali. Chi svolge un ruolo pubblico sa di correre questo rischio. Al dunque: sono stato indagato cinque volte, in tre sono stato prosciolto”.

Ne restano due. In particolare l’inchiesta sull’eolico con le relative “cattive compagnie”, tra le quali quella di Flavio Carboni. Qua la risposta è sibillina: “Nella vita di ciascuno di noi capita di trovarsi davanti ai bivi. L’importante è sapere sempre quale strada imboccare, avere valori ben saldi. Sulla vicenda Carboni sono stato coinvolto in un’accusa di corruzione che è totalmente caduta. Sarà un segnale del mio modo d’essere, no?”.

La rivendicazione non solo della correttezza, ma anche dell’efficacia del suo operato è, prevedibilmente, totale, così come l’attacco al suo predecessore Renato Soru (“E’ bugiardo, penosamente bugiardo”) e all’intera opposizione. Ma Cappellacci non dà un’impressione di grande sincerità quando, a proposito del suo acerrimo rivale interno Mauro Pili utilizza parole quasi delicate (“Lo considero una risorsa del partito e della politica”), pur seguite da un dubbio al veleno: Ma Pili “lavora per un progetto del Pdl o per cosa?”. Mano tesa anche verso l’altro avversario interno, Claudia Lombardo: “Abbiamo alle spalle molte iniziative in comune. Mi dispiace. Coltivo la speranza di poterci rincontrare, di poterci risintonizzare”.

Da politico navigato, capace di negare candidamente l’evidenza, la risposta sul viaggio a Buenos Aires e sull’attività di preparazione della visita del Papa, momento di grande visibilità, molto utile ai fini elettorali. Qua il governatore addirittura cade dalle nuvole: “La madonna di Bonaria è un valore universale: strumentalizzarlo per ragioni politiche è quanto mai triste. Addirittura squallido, direi. Interpretarlo in quel modo è un segno della decadenza della politica”.

Quanto alla sua svolta ‘para sardista’, Cappellacci lancia alcuni messaggi chiari. Intanto elogia Bustianu Cumpostu, il leader di Sardigna Natzione (“E’ un’ottima persona con la quale mi confronto su grandi temi”). Poi si rivolge ai sardisti per ricordare loro d’essersi impegnato al massimo sui punti programmatici dell’accordo politico (e ai Riformatori per affermare di aver ‘messo la faccia’ nella battaglia referendaria). Ma esclude di manovrare per creare qualcosa di diverso dal Pdl, come un grande centro autonomo. Le “vecchie e solide alleanze”, assicura, sono un punto fermo. Quanto a Michela Murgia, usa l’argomento negativo ‘trasversale’: “Per fare il presidente di Regione non basta essere onesti e avere un’ispirazione letteraria. Serve competenza”.

Quella di un commercialista, per esempio. E qua la rivendicazione del ruolo è orgogliosa e totale. Di lui si è sempre detto che è il figlio del commercialista del Cavaliere. No, corregge Cappellacci: “Vero che fosse amico di mio padre, ma ero io ad occuparmi dei problemi fiscali di Berlusconi”.

 

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