Tore Cherchi: “La prossima settimana sindaci del Sulcis in piazza a Roma”

I lavoratori dell’Alcoa tornano a riunirsi per la prima volta dopo la fine della trattativa con la Klesch. Cresce la tensione e non si escludono nuove proteste clamorose. Abbiamo sentito il presidente della provincia di Carbonia-Iglesias Tore Cherchi.

Il presidente di Confindustria Squinzi ha dichiarato che quella per il lavoro è la madre di tutte le battaglie. Senza lavoro non c’è dignità né futuro. Cosa ne pensa?

L’economia ha dimenticato la società e i cittadini. La colpa maggiore di chi ha governato in Europa e in Italia in questo scorcio di secolo è aver consentito che questo accadesse. La politica economica praticata ha fallito e ci ha portati al disastro sociale. L’alternativa? Serve una politica economica fortemente espansiva che rilanci investimenti e innovazione.

L’Italia vive una crisi economica senza pari da diversi decenni. La Sardegna, e il Sulcis in particolare, rappresenta in qualche modo la punta dell’iceberg di questa crisi. Quali, secondo Lei, le strade da intraprendere per allontanare la Sardegna e il Sulcis dal baratro del disastro?

Premetto che senza un deciso cambio di rotta europeo e nazionale non si andrà comunque molto lontani anche con la migliore politica territoriale. Nel caso Sulcis serve un settore industriale innovato: non condivido l’opinione della liquidazione del settore. Si può superare questa o quella produzione e fare altri prodotti ma non liquidare. Il Piano Sulcis deve aiutare la diversificazione e la crescita nei comparti del turismo, dei servizi e dell’agroalimentare. È una grossa occasione per il territorio. Attenzione serve anche un cambio culturale e politico. Anche nel presente e non solo nel passato, opportunità, strumenti pubblici, progetti finanziati, sono gestiti più con l’occhio rivolto a esigenze politico-partitiche che non al risultato e all’interesse generale. Se non si scardina questo costume, anche il Piano Sulcis rischia il flop.

Il 24 maggio i lavoratori di tutta la Sardegna sono scesi in piazza a Cagliari. C’erano anche quelli del Sulcis e con loro quelli dell’Alcoa, che rappresentano, in un certo senso, il simbolo della crisi del Sulcis. Lavoratori che chiedono risposte.

La trattativa Alcoa-Klesch langue, forse è definitivamente insabbiata nelle reciproche diffidenze dopo il pessimo esito per i lavoratori dell’acquisizione di impianti in Francia da parte di Klesch. A distanza di otto mesi, quell’operazione è finita davanti ai giudici con accuse reciproche fra venditore (Arkema) e compratore (Klesch). Rischiano 1300 lavoratori. Forse Alcoa ha deciso di non cedere lo stabilimento di Portovesme a Klesch. Se così è occorre anche mettere in evidenza che è stata Alcoa a scegliere di trattare con Klesch, il cui profilo di raider era ben noto. Alcoa non potrà limitarsi a dire che la trattativa è fallita e neppure il Governo potrà prendere semplicemente atto. Questo, che è un governo politico (anche se a me non piace e non riscuote la mia fiducia) dovrà almeno fare quello che ha fatto il governo tedesco per gli impianti di Amburgo. In quel caso, il pubblico si è direttamente occupato della ricerca della società che ha riaperto lo stabilimento chiuso da Alcoa.

Alcune settimane fa due sindacalisti della Carbosulcis hanno ricevuto una lettera minatoria. Anche Lei pensa, come ha dichiarato il vice questore di Iglesias, che siano l’espressione della tensione sociale che monta in tutto il territorio?

Carbosulcis. La società è in gravi difficoltà per il contenzioso aperto dalla Ue per aiuti di Stato. La Regione ne è responsabile perché come proprietaria avrebbe dovuto notificare correttamente alla Unione europea i fondi immessi in Carbosulcis. Occorre anche aggiungere che la miniera è stata mal gestita. Tutte le miniere europee perdono e ricevono fondi pubblici. Però se i livelli di perdita raggiungono le decine di milioni di euro per anno, vuol dire che la gestione è scadente e c’è una responsabilità manageriale. Così è stato per Carbosulcis con amministratori nominati dalla Regione di centrosinistra e di centrodestra, che hanno generato perdite disastrose. Quello di Carbosulcis è un caso lampante di cattiva gestione. Per il futuro l’Unione europea consente gestioni solo senza aiuto pubblico e la sopravvivenza della miniera è legata all’equilibrio di bilancio cosa che i dirigenti dicono possibile ma dovranno concretamente fare. Dovrebbe essere fatto l’investimento sulle tecnologie innovative per la produzione di energia. È utile per il Paese.
La tensione sociale rischia di sfociare in atti inaccettabili, quasi che la responsabilità fosse del sindacato.

Le forze politiche regionali (e il PD in particolare) hanno l’attenzione su questi problemi, ossia la politica è consapevole dei rischi che si stanno correndo? E quale è il suo giudizio sulle prossime elezioni regionali e sul prossimo Governatore che dovrà governare una Sardegna con più disoccupati che occupati?

Del Governo della Regione contano i fatti. Dichiarano consapevolezza ma non sono conseguenti. E neppure diligenti. Il bilancio regionale è stato approvato a maggio avanzato, come dire che cinque mesi sono stati consumati nell’esercizio provvisorio, tempo sprecato. Così è tutti gli anni. I valzer degli assessori sono ininterrotti. I programmi d’investimento rinviati. Il centrosinistra pensava di avere la vittoria in tasca più per demerito del centrodestra che per merito propria. L’esplosione del movimento cinque stelle dice che molto è cambiato. Riuscirà il centrosinistra a convincere il proprio elettorato? Impresa ardua se le segreterie politiche pensano che tutto si risolva con un accordo fra di loro senza fare i conti con la drammatica cesura fra il ceto politico e i cittadini.

Carlo Martinelli

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