Aiuti di Stato all’Alcoa. La Corte europea contesta all’Italia il mancato recupero

L’Italia è venuta meno all’obbligo di recuperare gli aiuti di Stato concessi all’Alcoa sotto forma di tariffa agevolata per l’elettricità: lo ha stabilito la Corte Ue di giustizia. “L’Italia si è limitata a comunicare alla Commissione Ue – che le imponeva il recupero – difficoltà giuridiche o pratiche, nonché la propria intenzione di giungere a una soluzione negoziata con l’Alcoa”, si legge nella sentenza.

Dal 1996 Alcoa ha beneficiato di una tariffa agevolata per l’elettricità destinata a due stabilimenti di produzione, uno in Sardegna (Portovesme) e l’altro in Veneto (Fusina), grazie a un contratto con il fornitore di energia elettrica (Enel). Tale tariffa, inizialmente fissata per un periodo di dieci anni, era stata autorizzata dalla Commissione. E’ stata poi prorogata a due riprese – dapprima fino al giugno 2007, poi fino al 2010 – senza essere adattata all’evoluzione del mercato.

Nel 2009 la tariffa era sovvenzionata da una tassa imposta ai consumatori di elettricità e non corrispondeva più alle condizioni del mercato e quindi la Commissione Ue ha ritenuto che le proroghe procurassero un vantaggio all’Alcoa rispetto ai suoi concorrenti e chiese all’Italia di recuperare gli aiuti di Stato, interessi compresi.

L’Italia doveva inoltre annullare tutti i pagamenti futuri e comunicare l’importo complessivo dell’aiuto da recuperare, le misure già adottate per conformarsi alla decisione nonché i documenti attestanti che era stato imposto al beneficiario di provvedere al rimborso dell’aiuto. Secondo l’Italia, l’importo da recuperare ammontava all’incirca a 295 milioni di euro, di cui 38 milioni di interessi.

La Commissione, ritenendo che l’Italia non avesse rispettato né l’obbligo d’informazione né l’obbligo di recupero, ha proposto ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia. E la Corte le ha dato ragione.

“Come mai alle potenti multinazionali, come Alcoa, non si chiede di pagare i propri conti?”. Lo chiedono i parlamentari sardi del Pd, Silvio Lai ed Emanuele Cani, che hanno predisposto una interrogazione urgente, rispettivamente al Senato e alla Camera, per sapere come mai l’Italia non abbia provveduto a recuperare i 300 milioni di euro da Alcoa.

Nel testo, i due parlamentari ribadiscono ai ministri dell’Industria e dell’Economia che “la proprietà statunitense dello stabilimento di Portovesme ha contribuito ben poco a trovare un possibile acquirente, pur richiamata dalle istituzioni locali e dallo stesso Governo al rispetto di accordi precedentemente assunti per il mantenimento della produzione in Italia” e che “i quasi 500 dipendenti sono in cassintegrazione straordinaria del 1 gennaio 2013, in mobilità dal 1 gennaio 2014”.

“Come mai”, domandano Lai e Cani, “non si é provveduto a recuperare da Alcoa la somma avuta sotto forma di agevolazioni, quali azioni il Governo intende intraprendere per sanare al più presto questa colpevole mancanza, che rischia di trasformarsi in beffa ulteriore se l’Italia fosse costretta a pagare sanzioni per l’omesso recupero e, infine, quale sia la copertura effettiva del Piano Sulcis, considerato che una parte ingente dei finanziamenti sarebbe dovuta arrivare dai 300 mln recuperati da Alcoa”.

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