Quel “ponte di radici” che unisce l’Isola al Messico. I murales di Crisa in Chiapas

Un ponte immaginario per collegare la cultura sarda a quella messicana, attraverso l’arte e il confronto, un “Puente de raíces” che unisce idealmente l’Isola e il Chiapas. Un pittore e un antropologo tra aprile e maggio di quest’anno sono stati nel paese del centro America, hanno girato diverse città, in particolare del Chiapas, sono entrati in contatto con le popolazioni locali e hanno lasciato le tracce del loro passaggio sui muri di case, mercati popolari, studi artistici. Il progetto, Puente de raíces appunto,  nasce dall’incontro di due persone. Uno è Federico Carta in arte Crisa, noto come pittore, street artist, muralista. L’altro è Umberto Cao, antropologo esperto di popolazioni indigene e diseguaglianze sociali. I murales sono stati ‘usati’ come chiave d’accesso a popolazioni diverse: Crisa ha dipinto i muri di abitazioni o mercati popolari, Cao ha cercato di documentare e raccontare questo incontro mediato dall’arte. “Abbiamo cercato di costruire quel gioco di specchi che è l’antropologia”, per dirla con le parole di Cao, “che consiste nell’indagare e scoprire se stessi, osservando e conoscendo l’Altro. Ovvero, percorrere un ponte lungo le proprie e altrui radici”. L’arte, insomma, come mezzo di comunicazione tra mondi diversi, ma anche come pretesto per entrare nelle case delle persone, conoscere il loro mondo, provare – pur nel tempo limitato a disposizione – a costruire una forte empatia con loro, in modo naturale. L’incontro è stato dolce, non invasivo. Ha seguito il ritmo delle genti con cui sono entrati in contatto, lasciandosi avvolgere dalla loro ospitalità e coinvolgere dalla semplicità del loro modo di vivere.

I due sono partiti da Cagliari in aprile, zaino in spalla con poche cose essenziali, i pennelli per dipingere e una macchina fotografica per documentare tutto. La prima tappa a Città del Messico, dove Crisa ha collaborato con un collettivo di graffittari chiamato Graffiti World, con la sede allo Studio 5 De Mayo, una specie di cinecittà messicana completamente dipinta su più piani da artisti locali e ospiti internazionali. Il primo lavoro è stato realizzato in una grande via, trafficata e caotica, proprio lì vicino. Crisa e Cao abitavano a Coyoacán, il “quartiere magico” dove viveva Frida Kahlo. A Città del Messico sono rimasti una settimana e il secondo giorno Crisa stava già dipingendo. “Ho subito sentito l’ispirazione della città”, racconta. “Il fatto che fosse tutto molto colorato, le persone calorose. Ho usato molto il colore verde, blu e giallo”. Il secondo lavoro è stato realizzato in una facciata dello Studio e rappresenta “una sorta di percorso, un ovale spezzato: metà mattoni e metà natura”. Sono i temi ricorrenti del lavoro di Crisa, in particolare quello dell’ultimo periodo: il confronto tra natura e uomo all’interno di un contesto urbano. “L’ambiente a Città del Messico era molto dinamico e stimolante – dice Crisa – e ci siamo trovati in una situazione privilegiata, comoda. Avremmo potuto vivere due mesi senza difficoltà e avere altri muri da dipingere. Ma l’obbiettivo era quello di andare in Chiapas, in una situazione sociale e culturale molto diversa da quella di una grande città”.

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La differenza l’hanno percepita subito dopo dodici ore di corriera, lasciandosi alle spalle i contrasti e il caos della metropoli. Un viaggio molto impegnativo. Quando parte la corriera i poliziotti filmano i passeggeri, per immortalare il viso. Capita a volte che qualcuno salga a bordo con le armi e derubi tutti. Il paesaggio scandisce il viaggio e cambia radicalmente rispetto alla metropoli: schiere di case povere in legno, contadini e animali di ogni specie, le donne vestite con le gonne di lana. Nessuna insegna pubblicitaria ma scritte dipinte sui muri. “Le popolazioni che abbiamo conosciuto sono povere e ribelli”, racconta Crisa. “Noi siamo stati fortunati. Alcune organizzazioni di resistenza civile ci hanno aiutato negli spostamenti, garantendoci degli alloggi e in un certo senso hanno reso possibile che i murales venissero realizzati. Una volta capito il senso di quello che volevamo fare sono stati disponibili, ospitali, gentilissimi”. Nelle varie tappe del loro giro in Chiapas, Crisa e Cao dormivano in case con tetti in lamiera. L’acqua non era potabile: veniva presa da un vascone e per cucinare era necessario bollirla. Per lavarsi occorreva usare un secchio d’acqua. I letti costruiti con pali di legno e quando vai a dormire ti coprono con una zanzariera per proteggerti dagli insetti, così quando ti svegli trovi animaletti di ogni tipo lì appesi. La dieta era a base di pollo e fagioli. “La gente sembrava felice, nonostante la povertà”, racconta Crisa. “All’inizio ero un po’ scioccato per l’impatto con lo stile di vita della popolazione, poi abbiamo iniziato a sentire il calore delle persone, e certe scomodità sono passate totalmente in secondo piano. Le persone erano molto generose: quello che avevano da mangiare lo dividevano con noi e a volte ci proponevano di dormire nei loro letti, mentre loro avrebbero dormito per terra”.

Una delle tappe in Chiapas è stata quella a Comitan. Lì Crisa ha dipinto la facciata di un mercato, il Primero de Juno, occupato dalla resistenza. In quel muro c’erano le informazioni sui bagni pubblici e sulle merci vendute al mercato. Il via libera al murales è stato dato da uno dei “capi”, dopo una riunione in cui hanno votato molte persone. “Uno dei momenti più belli”, racconta Crisa, “è stato quando ho chiesto loro una scala per dipingere. Non l’avevano: si sono consultati un attimo e dopo pochi minuti mi avevano costruito una scala per poter lavorare”. Il soggetto della facciata sono mattoni e natura con una dedica a Luz y fuerza del pueblo. Nella città di Las Margaritas ha dipinto il muro di una piccola casa nella strada che conduce ad un villaggio. “Ho chiesto agli abitanti e loro sono stati contentissimi. Ho creato un mondo sulla porta, una città gialla che circonda un mondo di natura blu e verde”.

“Il Chiapas mi ha tirato fuori i colori della terra e soprattutto molto verde”, racconta Crisa. “Dipingevo per un paio di giorni, un giorno mi fermavo e guardavo il paese, e poi in viaggio verso un altro posto”. L’ultima tappa è stata a San Cristobal, dove Crisa e Cao sono stati ospiti di Grafica Maya, un collettivo del Chiapas, dentro uno spazio diviso con pittori e scrittori, dove si organizzano mostre, conferenze e in generale attività culturali legate alle tematiche Maya. “Abbiamo conosciuto Antùn, in fondatore del collettivo, un artista molto famoso e rispettato. Lui mi chiamava maestro perché avevo uno stile diverso dal suo, ma il maestro era lui. Stavo per non dipingere perché in quei giorni stavo male. Lui si è allontanato per un po’ ed è tornato con una pianta. Mi ha preparato una tisana e il giorno dopo stavo meglio, così sono stato in grado di realizzare l’ultimo murales”.

Ora questo viaggio diventa una mostra che inaugura oggi presso il Temporary Storing, in via XXIX Novembre a Cagliari. La mostra si può visitare tutti i giorni (esclusi i festivi) dalle 18 alle 20.

Andrea Tramonte

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