La settima arte con gli occhi di Leconte: “Il cinema fa condividere emozioni”

La rassegna cinematografica ‘Patrice Leconte. Bagliori di cinema, vita e solitudini’, iniziata il 17 novembre, è ancora in corso. Ma il premio alla carriera al regista francese è dato. A Leconte è stata dedicata un’intera serata sabato 15 dicembre a Cagliari, nel corso di un evento-omaggio come nella tradizione dell’associazione culturale Alambicco, guidata dagli infanticabili animatori Patrizia Masala e Alessandro Macis.

Al maestro del cinema d’oltralpe (foto Facebook) è dedicata quest’anno la monografia annuale, culminata in una celebrazione musicale in cui sono stati festeggiati alcuni film dell’autore, ripensati in una sorta di nuova colonna sonora. La partitura è stata affidata a Romeo Scaccia che con grande bravura ha suonato per piano solo, mentre sullo schermo della sala degli ‘Intrepidi monelli’ scorrevano immagini selezionate dei più bei film del regista francese. ‘Il marito della parrucchiera’, ‘La ragazza del ponte’, ‘Una promessa’, ‘Dogora’.

Patrice Leconte ha partecipato con commozione all’iniziativa e alla fine ha ringraziato emozionato Romeo Scaccia per “questo impegno professionale e passionale.” Durante il successivo incontro con il pubblico, uno spettatore ha poi suggerito al regista di contattare Scaccia per il soundtrack del suo prossimo film e lui ha risposto: “Ho già un accordo con Michael Nyman, ma lavorare con un artista di questo livello, ricco anche di leggerezza e umorismo, non mi dispiacerebbe”.

A Patrice Leconte, quindi, abbiamo chiesto se questa “leggerezza”, categoria anche usata da Calvino nelle ‘Lezioni americane’ come valore letterario per il nuovo millennio, sia un elemento fondante di tutto il suo cinema. Il regista ha confermato come “con la leggerezza si può realizzare tutto; si possono, infatti, affrontare anche argomenti duri e pesanti, riuscendo a farli arrivare al pubblico con piacere. Certamente è una delle caratteristiche con cui tento di plasmare i contenuti dei miei film.”

Perché nelle sue opere si ritrova spesso il tema del suicidio?

Non è un’ossessione psicologica personale. A volte, col senno di poi, mi sembra che abbia usato questo espediente narrativo indebolendo le sceneggiature. Penso al finale del ‘Marito della parrucchiera’, quando la giovane donna si getta nel fiume disperata, forse è stata una troppo facile soluzione.

Qual è stato il percorso che lo ha portato a scegliere di impegnarsi nella regia cinematografica?

Tutte le arti sono perfette per esprimere la propria creatività. La regia cinematografica mi ha evitato di scegliere in maniera definitiva tra letteratura, musica, arte figurativa. Infatti lavorando col cinema, ho la possibilità di attraversarle tutte: scrivo, mi confronto con lo scenografo, con l’autore della colonna sonora. Sicuramente devo a mio padre, che era un appassionato cinefilo, il mio amore per la settima arte. Mio padre aveva una forte influenza su di me; suppongo che se fosse stato un pilota d’aereo, sarei stato uno steward. Ai giovani che incontro e che vogliono dedicarsi al cinema, dico sempre di farsi la seguente domanda davanti allo specchio: perché voglio fare del cinema?’ Solo quando sarà veramente chiara tale questione e il conseguente progetto di vita, si può fare questa scelta artistica.

E lei ha capito la ragione assoluta per cui ha intrapreso la carriera di regista?

Mi pare che a Cannes, quest’anno, Wim Wenders abbia detto ai giornalisti che realizzava film per rendere migliore il mondo. Certo, la realtà non si può mutare totalmente con i film, ma anche io credo che con l’arte la si possa rendere più accettabile. Mi dedico al cinema anche perché ho l’esigenza di condividere con gli altri le mie emozioni e sento di averne dentro di me tantissime.

Ricorda quale è stato il suo primo film da spettatore?

Ovviamente, è stato tanto tempo fa. Non era, come si può invece immaginare, un cartone animato. Era un bellissimo adattamento di un romanzo di Jules Verne: ‘Il giro del mondo in 80 giorni’, veramente fantastico. Posso anche dire qual è stato l’ultimo film che ho visto: un film italiano, ‘Lazzaro felice’ di Alice Rohrwacher. E mi è piaciuto tanto.

Elisabetta Randaccio

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