L’avventura di Marco Buttu, ricercatore sardo che per oltre un anno ha vissuto tra i ghiacci dell’Antartide, ora diventa un libro. In Marte bianco. Nel cuore dell’Antartide. Un anno ai confini della vita l’ingegnere di Gavoi racconta l’esperienza sul campo tra difficoltà estreme e altrettante soddisfazioni. Una sfida sia mentale che fisica quella compiuta tra novembre 2017 e dicembre 2018 per lavorare nella stazione scientifica Concordia assieme ad altre dodici persone. Intorno, in un deserto bianco dove per cento giorni sparisce anche il sole e le temperature scendono a meno 80 gradi, nessuno: né piante né animali.
“Non scorderò mai l’arrivo alla base – racconta in un’intervista al Corriere della Sera – dopo 4 ore di volo e 1.100 chilometri di ghiaccio è comparso un puntino: la base Concordia. Solo allora ho capito quanto sarei stato isolato. La permanenza prolungata in ambienti estremi causa problemi fisici ma gestire i rapporti interpersonali è l’aspetto più duro. Ci vuole una grande stabilità”. E ancora: “Fisicamente mi ha aiutato lo yoga. La quantità ridotta di ossigeno provoca deficit di memoria e ripetute apnee notturne. Ogni giorno, per un’ora e mezza, praticavo respirazione controllata e posizioni invertite, che aiutano l’afflusso del sangue alla testa. Il cibo? Prima di consumare quello fresco, che arriva solo nel periodo estivo, bisogna smaltire quello rimasto. Io ho mangiato uova scadute da sei mesi, ma non è successo niente perché l’aria in Antartide è estremamente secca riescono a conservarsi a lungo. Insomma, si vive in condizioni fuori dall’ordinario”.