Il coworking rurale nel piccolo borgo: ‘Treballu’ a Laconi apre le porte ai ‘nomadi digitali’

Andrea Tramonte

Gli spazi si trovano nel centro storico di Laconi in una casa che era parte del palazzo Aymerich: un cortile, un open space, una cucina e alcune camere da letto. Muri in pietra e un’atmosfera informale che cerca di trasmettere i valori del luogo: condivisione, comunità e lentezza. Treballu è un coworking e coliving rurale nato nel 2019 per impulso di un trentaduenne del paese, Carlo Coni, che nella vita si occupa di progettazione europea (nel campo della mobilità giovanile) e da anni si è abituato a lavorare da remoto, viaggiando di continuo ma con la ferma intenzione di non andarsene via dall’Isola. L’idea era quella di creare uno spazio di lavoro nel suo borgo che fosse in grado non solo di attirare persone da tutto il mondo, ma anche di avere un impatto sociale all’interno della comunità. Tutto è partito nel 2015 ma solo nel 2019 il progetto è entrato a pieno regime, con un aiuto inaspettato pochi mesi dopo: lo scoppio della pandemia, che per due anni ha rivoluzionato la vita lavorativa di migliaia di persone che all’improvviso si sono trovate a dover lavorare da casa. “La solitudine dello smart working esisteva anche prima del Covid – dice Carlo – ma certo la pandemia ha amplificato la situazione. Mi sono chiesto: perché non provare qui a creare uno spazio di lavoro e di vita in grado di attirare persone da tutto il mondo?”. 

Attualmente da Treballu c’è un ‘nomade digitale’ tedesco che prima per andare in ufficio era costretto a spostamenti di mezz’ora, all’andata e al ritorno: ora in pochi minuti raggiunge la sua postazione e inizia a lavorare. Lo stesso vale per alcuni ragazzi del Nord Europa ospiti della struttura. A giugno arriveranno persone dagli Stati Uniti, dal Canada e dall’Australia. Le sale adibite a uffici sono state trasformate in camere da letto per ospitare chi vuole vivere a Laconi e lavorare nello spazio. Per il resto ci si appoggia ad altre strutture del paese. “Ci siamo resi conto di avere la necessità di portare nuove persone nel progetto per avere una contaminazione costante dall’esterno. E l’idea progettuale evolve di continuo”. La questione dell’impatto positivo all’interno del paese è dirimente. “Non vogliamo spingere sul turismo e provare ad attirare le persone in quest’ottica – precisa -. Cerchiamo di rivolgerci più alla comunità locale, di mettere al centro le persone: cerchiamo di farci scegliere perché qui c’è una interazione personale e professionale unica, insieme a una esperienza di vita che non puoi fare altrove”. Il modo per dare impulso alla vita del borgo è anche quella di portare avanti iniziative culturali e laboratori indirizzati alla cittadinanza. Ci sono le “Storie dal vicolo”, una serie di appuntamenti estivi ospitati dal cortile di Treballu con presentazioni di libri, concerti e proiezioni. Poi c’è “Fucine creative”, dei laboratori di comunità che servono a condividere competenze su argomenti che possono andare dalle criptovalute alla costruzione di cestini sardi. 

“Siamo un po’ contro la filosofia del borgo come nuovo eldorado dello stile di vita lento – spiega Carlo -. Molti interpretano i piccoli paesi come luoghi turistici ideali. Ma la questione determinante è come dare servizi alle persone che vivono nel paese 365 giorni all’anno. Portare persone da fuori significa avere uno scambio costante di idee e professionalità che può far crescere il contesto. Valorizzare il fatto che qui ci sono persone che vogliono dare un contributo al territorio, a questo piccolo pezzo di mondo”. 

Andrea Tramonte

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