È uno dei rischi che corre l’arte pubblica: quella di essere vandalizzata brutalmente. Si tratta di opere che stanno sui muri, si affacciano sulle strade e può capitare che vengano ricoperte da altri segni, frasi, scarabocchi, o addirittura coperte come gesto di sfregio che può non avere alcuna motivazione particolare. Ora, dopo otto anni, le opere della Galleria del sale a Cagliari – nella zona di Sant’Elia, anche nella vicinanza dello stadio – sono state danneggiate. In alcuni casi con “rivendicazioni” sportive, in altri con insulti.
Sono nove i lavori danneggiati all’interno della prima galleria d’arte contemporanea a cielo aperto a Cagliari. Tutto è iniziato con le invettive al presidente del Cagliari, Giulini, riportate su nove opere d’arte contemporanea, per poi proseguire con ulteriori insulti affidati sempre alle pareti della Galleria giungendo infine a un’ultima risposta, una colata di tinta nera. I lavori si sono accumulati negli anni anche grazie al lavoro di artisti di fama internazionale. I danneggiamenti hanno in parte frenato la fruizione del luogo, ma le visite guidate sono proseguite aggiungendo temi ai dialoghi da sempre vivi nella passeggiata: se la Galleria nasce da un’interazione tra arte e paesaggio, tale reciprocità si è evoluta anche nell’interazione col sentimento vissuto in quell’area della città, strettamente collegata allo stadio confinante, traducendosi nel climax invettive, insulti, colata nera.
Un processo quasi naturale che viene evidenziato anche da Lorenzo Murgia, giovane talento isolano, primo artista impegnato – nelle ultime settimane – nella restaurazione della sua opera, tra le nove vandalizzate. Per l’artista “in strada è tutto naturale, l’interazione con l’arte comprende e contempla anche l’azione umana non solo il panorama; la città è come un grande animale che cambia e muta nel tempo, il fatto che la mia opera sia stata dipinta di nero non mi turba più di tanto, mi piace l’idea di stratificare e aggiornare, semplicemente ciò che non capisco è sia il criterio che porta a coprire di nero, sia quello che porta a coprire alcune scritte, altre no”.
“Proveremo a ridare una destinazione artistica a quei muri e non di propaganda politica o tifoseria – spiega Daniele Gregorini, curatore della Galleria -. Non vogliamo però condannare chi si promette amore eterno su un muro, piuttosto ragionare e spingere alla riflessione attorno al concetto di muro come bene comune: invitiamo chiunque quando sceglie di operare su una parete a ragionare attorno al fatto che quel luogo è di tutti, bisogna essere consapevoli della ricaduta collettiva di ogni azione; nel tempo abbiamo avuto varie interazioni con le opere, anche delle persone senza fissa dimora hanno scelto con un pennarello di dialogare con alcuni murales. L’intenzione dell’artista – conclude Gregorini – è fare un’opera per l’umanità, è quasi un atto altruistico di conseguenza mi chiederei quale sia la ricaduta comunitaria di quel genere di scritte e della censura in nero. Perché è stato fatto?”. Nei prossimi mesi proseguiranno gli interventi di recupero delle opere danneggiate. Gli interventi in programma hanno sempre lo scopo di proseguire nel dialogo con l’ambiente, e proveranno inoltre a spingersi oltre i discorsi pittorici fatti su un muro: un esempio sarà l’intervento di Andrea Milia che poserà un suo arazzo di pietra, opera di incisione su granito nero, su un muro della Galleria.