“Turismo: lo stiamo facendo male”: le disavventure di un villeggiante (sardo)

“Mentre altre realtà corrono, noi stiamo sbagliando un sacco di cose”. È l’amara considerazione di un giovane cagliaritano, Carlo Valdes, che dopo aver trascorso qualche giorno di vacanza, ha deciso di compilare un elenco di disavventure – pubblicato poi anche su Facebook – che testimonia quanto si debba ancora fare, nell’Isola, sul versante turistico.

“Carloforte: cerco di pagare 35 euro in un locale centralissimo con il bancomat. Non posso. Non hanno il Pos. Spiaggia di Nora: le macchinette in cui devo inserire due euro per pagare due ore di parcheggio, sono all’interno di un ex ristorante abbandonato. Mentre la mia ragazza mette i soldi (ha pagato lei, i vantaggi della parità di genere…), noto che nella stanza a destra delle macchinette ci sono degli escrementi”.

E ancora: “Spiaggia di Porto Pino: la signora di un chiosco sulla spiaggia chiede alle persone con me di non accomodarsi dentro il chiosco perché hanno il costume bagnato. Ce ne andiamo. Poi torno indietro, perché la signora che ci ha servito si è dimenticata di farci lo scontrino. ‘Signora, le posso chiedere lo scontrino?’. Di rimando: ‘E certo che ve lo faccio lo scontrino, però io con voi sono stata educata e ve l’ho chiesto gentilmente di non sedervi’. Avete capito? Era convinta che le stessi chiedendo lo scontrino per ripicca. E invece no, signora. Lo scontrino l’ho chiesto per una ragione ancora più alta: lei me lo deve fare”.

Sul versante trasporti: “Per arrivare a Carbonia (in agosto, in Sardegna!) da Cagliari, occorre prendere il treno fino a Siliqua. A Siliqua occorre uscire dalla stazione del treno e prendere entro due minuti esatti un bus che porta fino a Carbonia. E ovviamente nessuna indicazione e nessuno a controllare che il velocissimo cambio non lasci qualche vittima intrappolata a Siliqua. Oggi, per questa operazione, a Siliqua ho aiutato due signori turisti che parlavano solo inglese e li ho fatti correre insieme a me per salire sul bus. Chissà se non ci fosse stato nessuno come avrebbero fatto. Magari sarebbero rimasti a Siliqua per il resto dei loro giorni.

Infine, si arriva a San Giovanni Suergiu: “Festa internazionale dello street food. Non scherzo, il nome è veramente quello e l’idea è lodevole. Un po’ di chioschetti con roba da mangiare di diverse nazioni. Per consumare un piccolissimo pasto in uno di questi stand, occorre comprare un ticket. L’impeccabile organizzazione è riuscita nel miracolo: ha venduto più ticket dei pasti disponibili. Quindi un sacco di gente ha pagato un pasto che non ha potuto consumare”.

“È vero, io mi lamento un sacco – conclude Valdes -. Ma c’è un’altra verità indiscutibile: mentre altre realtà corrono, noi stiamo sbagliando un sacco di cose”.

 

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