“In tanti sono intervenuti a prendersi i meriti non solo della quotazione raggiunta per il 2019 ma anche delle attuali positive condizioni del prezzo del Pecorino romano. A noi pare evidente che sia stata la protesta, condotta nell’inverno 2019, pagata caramente dai pastori con numerose denunce, che ha creato le condizioni per questa situazione dando visibilità anche internazionale alle produzioni del comparto ovino sardo”.
È quanto sostengono Nenneddu Sanna e Gianuario Falchi, portavoce dei pastori sardi, sull’aumento del prezzo del latte. “Nota dolente – osservano – il fatto che gli industriali non abbiano finora mostrato alcuna intenzione di muoversi dall’acconto di 74 centesimi al litro che gli era stato strappato a marzo 2019 dopo un mese di guerra del latte. 74 centesimi sono al di fuori di ogni ragionevole logica di mercato (circa 25 centesimi di differenza con le cooperative). Il 40 percento circa del latte ovino sardo del 2019 sarà dunque sotto-remunerato provocando per le aziende ovine ulteriori perdite economiche. Purtroppo la struttura del sistema ovino sardo non consente a tutti gli allevatori di abbandonare gli industriali che pagano poco in quanto la cooperazione non è al momento in grado di assorbire l’intera produzione di latte regionale”.
“Il risultato delle cooperative del 2019 e le buone quotazioni del Pecorino romano nel 2020, che lasciano intravvedere saldi ancora più elevati per la campagna in corso – proseguono Falchi e Sanna – sono state ottenute, è importante sottolinearlo, senza l’esistenza di un piano di regolazione dell’offerta. È stato quindi definitivamente svelato il bluff del consorzio di tutela che in numerosi interventi del suo presidente aveva previsto tragedie inenarrabili qualora la sua proposta di piano di regolazione fosse stata bocciata”.
Foto: una protesta a Lula