Per il sequestro di Titti Pinna 28 anni di reclusione a Manca e 25 a Faedda

Per Giovanni Maria Manca, cinquantatreenne di Nuoro ma residente a Bonorva, 28 anni di reclusione; per Antonio Faedda, 44, nato a Grosseto ma residente a Giave, 25. Si è concluso con queste condanne, dopo quasi un anno di udienze, il processo per il sequestro di persona a scopo di estorsione dell’imprenditore di Bonorva Titti Pinna, rapito il 19 settembre del 2006 mentre si trovava nella sua azienda in località Monte Frusciu e fuggito il 28 maggio dell’anno successivo.

Dopo quasi nove ore di camera di consiglio, la Corte d’assise di Sassari – presidente Pietro Fanile, a latere Teresa Castagna – ha pronunziato una sentenza che ha sostanzialmente accolto le richieste del pubblico ministero Gilberto Ganassi che aveva sollecitato una condanna a 30 anni per Manca e a 24 per Faedda. I due erano accusati di aver fatto parte del gruppo che eseguì materialmente il rapimento. Manca guidò il furgone che condusse l’ostaggio nel luogo della prigionia, Faedda l’avrebbe scortato a bordo di un’altra autovettura.

Pinna riuscì a liberarsi dopo aver trascorso otto mesi in una sorta di loculo ricavato a ridosso di un ovile nelle campagne di Sedilo. Per molti mesi i familiari, dopo una prima richiesta di un riscatto di 300mila euro, non ebbero più alcuna notizia tanto che temettero che fosse stato ucciso. La prova che era in vita giunse il 15 marzo del 2007 con un ritaglio del quotidiano l’Unione sarda su cui l’ostaggio aveva scritto una frase indirizzata ai familiari. Due mesi dopo, manomettendo le catene che lo legavano, riuscì a liberarsi e raggiunse un cantiere dove fu soccorso dai carabinieri. Era irriconoscibile: dimagrito, i capelli e la barba lunghissimi. Solo dopo qualche giorno di ricovero in ospedale potè tornare a casa.

Per il sequestro è stato già condannato l’allevatore di Sedilo Salvatore Atzas, il proprietario dell’ovile-prigione. Mentre per un altro imputato, Natalino Barranca, la sentenza è stata annullata dalla Cassazione. Amareggiati i legali dei due imputati (Salvatore Desole per Manca e Gian Marco Mura per Faedda) che hanno parlato di una sentenza esageratamente dura in un processo largamente basato su indizi. Nessun commento da parte del pubblico ministero.

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