Orgosolo, gli scheletri e le leggende nere

Non se ne conosce nemmeno il numero esatto: se siano tre, come è sembrato ai primi che li hanno visti, o quattro.

Non se ne conosce nemmeno il numero esatto: se siano tre, come è sembrato ai primi che li hanno visti, o quattro. Non si sa a quando quelle morti risalgono: se al secolo passato o all’Ottocento. Domande alle quali dovrà rispondere il medico legale a cui il sostituto procuratore di Nuoro Giorgio Bucciarelli affiderà il compito di analizzare i poveri resti e di effettuare l’esame del Dna.

L’unico fatto certo è che la scoperta degli scheletri in una grotta del Supramonte, nei pressi di Rio Flumineddu, ha scatenato le ipotesi più disparate. A partire da quella che il cunicolo svelato dalla furia del ciclone Cleopatra sia stata adibito da qualche banda di sequestratori a cimitero degli ostaggi morti durante la prigionia. Trentadue di loro non sono mai tornati a casa e il Supramonte è stato la prigione di molti dei rapiti.

Ma è solo una delle tante ipotesi, perché l’assenza di una datazione dei resti ha avuto l’effetto di far riaffiorare ricordi remoti, vicende lontane delle quali non si parlava da tempo. Come la morte del celebre bandito Pasquale Tandeddu, l’uomo che negli anni Cinquanta prese il posto di Giovanni Battista Liandru nel ruolo di “terrore del Supramonte”.

Accusato di rapine stradali, omicidi, tentati omicidi, Tandeddu fu condannato in contumacia all’ergastolo e sulla sua testa venne messa una taglia di cinque milioni di lire. Fatto sta che nel 1954 il suo cadavere fu trovato non lontano dal paese, in località Sas Molas. L’omicidio venne archiviato come “a opera di ignoti”. Ma il suo autore, ufficialmente sconosciuto alle forze dell’ordine, era ben noto agli amici del bandito. A Orgosolo si racconta che l’uomo che aveva assassinato Tandeddu fu a sua volta ucciso e che il cadavere, per aggravare lo sfregio verso i familiari, non fu mai fatto ritrovare. Ufficialmente, infatti, quell’uomo “scomparve”. Ed ecco un altro possibile titolare di uno degli scheletri (chissà, forse quello quello che sul teschio un foro, che pare prodotto da un proiettile) trovati nella grotta dei misteri. Se così fosse, l’esame del Dna potrebbe consentire di accertarlo. Lo scomparso, infatti, ha dei familiari viventi.

Ma i ricordi scatenati dal ritrovamento delle ossa si spingono anche più indietro nel tempo. E così è riaffiorata alla memoria la storia – o leggenda nera? – dei servi-pastore che ancora ai primi del Novecento vivevano sul Supramonte in condizioni di vera e propria schiavitù. Specie se avevano la sventura di essere affidati da famiglie poverissime a pastori senza scrupoli. Qualcuno di quei ragazzi non tornò mai a casa. “E’ fuggito”, fu detto ai familiari. Ma in realtà – dicevano certi remoti racconti dei vecchi – capitava che i più “indisciplinati” e vivaci di quei poveri ragazzi fossero puniti con la morte: gettati nelle nurre, le foibe dei monti di Orgosolo.

E poi ci sono gli ostaggi mai rientrati a casa. In tal caso gli scheletri apparterrebbero a persone morte tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta. Un elenco lunghissimo: da Vanna Licheri a Gina Manconi, da Attilio Mazzella a Pietro Riccio. Fino alle scomparse più recenti come quelle di Paolo Ruiu e Giuseppe Sechi. Ma solo il medico legale potrà dare una risposta.

Maria Giovanna Fossati

 

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share