Lacrime e commozione in Corte d’Assise a Cagliari, durante il processo per il duplice omicidio dei fratelli Andrea e Roberto Caddori, di 43 e 46 anni, uccisi ad Arzana il 10 agosto 2016. Sul banco dei testimoni, chiamati dal pubblico ministero Nicola Giua Marassi, Francesca Ferrai e la figlia Bruna, rispettivamente madre e sorella delle vittime uccise nell’estate di tre anni fa dai proiettili sparati da Giuseppe Doa, 85 anni. All’origine dell’omicidio un litigio e rapporti ormai deteriorati con l’imputato: le due donne infatti accudivano la sorella di quest’ultimo, Maria Doa, anziana e allettata.
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Il movente del delitto sarebbe legato all’eredità della donna che aveva un discreto patrimonio in banca: oltre centomila euro, denaro che avrebbe voluto lasciare alle sue badanti e non più al fratello. “Ho sentito gli spari dal piano di sopra e sono scesa – ha raccontato Francesca Ferrai, vinta dalle lacrime – così ho visto Roberto a terra con accanto Bruna, c’era la porta chiusa della sartoria e quando è stata aperta ho visto anche Andrea a terra”.
Il giorno dell’omicidio Giuseppe Doa si era presentato a casa della sorella inferma per riprenderla con sé e da lì sarebbe nato l’alterco sfociato poi nel delitto. La lunga udienza di oggi, terminata solo nel pomeriggio, ha sviscerato i contrasti tra i due nuclei familiari. Sullo sfondo anche accuse di maltrattamenti nei confronti di Francesca Ferrai e della figlia Bruna mosse dopo l’omicidio dalla stessa Maria Doa, nel frattempo deceduta. Oltre all’anziano pensionato accusato di omicidio volontario è imputato di favoreggiamento il genero di Doa, Massimiliano Sumas, di 44 anni, per aver raccontato agli investigatori episodi e circostanze poi rivelatesi false. Tutti e due sono assistiti dagli avvocati Pierluigi Concas ed Herika Dessì, mentre la la famiglia dei due fratelli uccisi si è costituita parte civile con il legale Paolo Demuro. Il 10 giugno prossimo compariranno davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Giovanni Massidda (a latere Giorgio Altieri) altri testimoni chiamati dall’accusa.