‘Non una di meno’, in centinaia in marcia a Cagliari contro la violenza di genere

Dai capelli grigi delle reduci delle battaglie femministe degli anni Settanta, alle chiome colorate di chi allora non c’era e oggi manifesta in strada con i compagni di scuola. Anche Cagliari si mobilita per l’8 marzo nell’iniziativa promossa da Non Una Di Meno: in centinaia si sono ritrovate in piazza Garibaldi per lo sciopero femminista globale. Poi il via al corteo. Con grande partecipazione delle scuole: nutrito il plotone arrivato direttamente dal liceo classico Siotto con striscioni e cori. Una festa anche di bandiere, fischietti e tamburi.

“Abbiamo bisogno di scoperchiare una cultura patriarcale che sopravvive da millenni e che prende di mira donne e diversi – dice all’ANSA Tiziana Di Benedetto del collettivo TamburA battenti e componente dell’assemblea Non una di meno -. Dove vivono bene le donne viviamo meglio tutti”, chiarisce. Una creatività espressa anche in sardo. Ad esempio con una scritta viola su sfondo nero con le parole in limba: “Apu nau ca no”. Cioè: “Ho detto di no”. Perché in effetti il no, nel corteo che ha portato le manifestanti anche in piazza Repubblica e piazza Amendola sino all’approdo finale in piazza del Carmine, è stato detto con estrema fermezza a discriminazioni, violenze e molestie.

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“Un corteo femminista – ribadiscono le organizzatrici – per pretendere una trasformazione radicale della società: contro la violenza di genere, economica e razzista, contro la precarietà e le discriminazioni, per un sovvertimento delle gerarchie sessuali, delle norme di genere e dei ruoli sociali alla base dei rapporti di potere che generano molestie e violenze”.

Mostrati cartelli con le scritte “Seus tot*s feministas” e “Se toccano una toccano tutte”. Una manifestazione anche di rivendicazioni per un “reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale, garantito e accessibile”. Sarà un mezzo, spiegano sempre le promotrici, “per proclamare l’autonomia e la libertà di scelta e di movimento dei nostri corpi e delle nostre vite, contro ogni strumentalizzazione, razzismo fascista e istituzionale; per dire basta a chi usa i nostri corpi di donne come giustificazione alla violenza più brutale contro le e i migranti”. (Ansa)

 

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