L’uxoricida parla prima della sentenza: ‘Mi ha aggredito, volevo un chiarimento’

“Michela mi tradiva, aveva un compagno”. E ancora. “Michela spacciava droga”. “Quel giorno ero andato lì per un chiarimento e Michela mi ha aggredito”. Sono alcuni passaggi della dichiarazione resa spontaneamente questa mattina, all’inizio dell’udienza a porte chiude culminata con la sua condanna in abbreviato a trent’anni, da Marcello Tilloca, l’uxoricida di Alghero che lo scorso 23 dicembre ha strangolato sua moglie Michela Fiori nell’appartamento di via Vittorio Veneto. Un racconto durato più di un’ora senza il minimo cenno di pentimento, parole che non hanno convinto il Gup, Michele Contini e non gli hanno evitato una condanna pesante anche dal punto di vista pecuniario: Tilloca dovrà risarcire con 100mila euro la madre, il fratello e la nonna dell’ex moglie. Il tribunale di Sassari ha archiviato quelle parole, che nell’immaginario dell’omicida reo confesso avrebbero dovuto dare una giustificazione al crimine efferato di cui si è reso protagonista, come cattiverie gratuite e accuse infamanti nei confronti di Michela e della sua famiglia.

Un monologo recitato nell’incredulità di tutti gli avvocati di parte civile presenti in aula per ribadire una ricostruzione già affidata a tre lettere che l’assassino aveva consegnato al giudice il giorno prima dell’apertura del processo, due settimane fa, affinché fossero messe agli atti. In quegli scritti Tilloca dichiara che il giorno dell’omicidio era andato dalla moglie con intenzioni pacifiche, per parlare, ma che lei aveva confessato di avere un altro e poi avevano litigato. Secondo la versione dell’imputato, Michela aveva preso un coltello e aveva cercato di colpirlo, e lui si era difeso. Poi aveva avuto un mancamento, un vuoto, e quando si era risvegliato era seduto su una sedia, con la moglie accanto, morta, distesa sul pavimento.

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