GLI AUGURI DI GIANFRANCO CABIDDU: “Andare alla partita di calcio, per me, non era cosa di ogni domenica. Al massimo una volta all’anno, come premio di fine stagione scolastica, ma in alto, negli spalti, dove i giocatori li vedevo lontanissimi. Un giorno fortunato, un mio compagno di scuola, figlio o nipote del massaggiatore del Cagliari, non ricordo bene, ci fece entrare all’Amsicora a vedere gli allenamenti. Ovvio che da ragazzini cagliaritani Gigi Riva era il nostro mito, ma osservarlo così da vicino mi diede un’emozione e soprattutto una lezione che ricordo ancora”.
“Quando tutta la squadra, finiti gli allenamenti, lasciò il campo lui rimase lì da solo a calciare punizioni verso una porta minuscola costituita da un ostacolo da corsa campestre. Rimase lì, fino al tramonto, a continuare a provare, e noi ragazzini, a bocca aperta, ad imparare che il calcio, come la vita, non era solo un gioco ma bellezza. Era applicazione, sudore e fatica. Ringrazio ancora Gigi Riva per essere rimasto in Sardegna e, soprattutto, per essere rimasto fedele in tutti questi anni a quella rivelazione vista dagli occhi di un bambino”. (don.perc.)