Tecnici uccisi in Libia, Gentiloni: “Nessun riscatto per gli ostaggi”

“Per gli ostaggi italiani in Libia non è stato pagato alcun riscatto”: così questa mattina il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ha riferito al Senato nell’ambito di un‘informativa sulla Libia.

Nell’aula di Palazzo Madama si è parlato della situazione nel paese libico e di un eventuale intervento italiano nel territorio ma l’attenzione si è concentrata, come era prevedibile, sul sequestro dei quattro tecnici della ditta Bonatti.

Il triste epilogo lo conosciamo: solo due, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, sono tornati vivi in Italia, mentre Fausto Piano di Capoterra e Salvatore Failla di Carlentini, provincia di Siracusa, sono stati uccisi in un raid giovedì a Sabratha. Il ministro ha precisato che la liberazione degli ostaggi non sembrava imminente. Ha invece smentito che nel nascondiglio dei i quattro ostaggi siano stati trovati passaporti di uomini appartenenti a Isis.

LA RICOSTRUZIONE DEL RAPIMENTO

“Com’è noto la vicenda cominciò il 19 luglio alle 20.45 – ha detto Gentiloni – a 7 km dal complesso della Mellita Oil & Gas, joint-venture tra Eni e National Oil Corporation libica, in quel momento un gruppo di 4 connazionali composto da Salvatore Failla, Filippo Calcagno, Fausto Piano e Gino Pollicardo impiegati presso la ditta Bonatti, provenienti a bordo di un minivan dal confine libico-tunisino di Ras Djir, è stato raggiunto e fermato da due veicoli Suv. Dai Suv sono scesi uomini armati a volto coperto, alcuni dei quali avrebbero indossato uniformi di tipo militare. Questi hanno sequestrato i quattro cittadini italiani lasciando sul posto l’autista libico, che è originario di Sabratha e lavorava da circa un anno per la ditta Bonatti”.

LA PRESENZA DI DAESH

Il ministro ha escluso che nel rapimento e nella sorte dei quattro italiani ci siano prove della presenza di terroristi appartenenti a Isis. “Non sono mai emersi elementi di riconducibilità a formazioni di Daesh in Libia. Non è mai giunta alcuna rivendicazione. Tra le principali ipotesi in corso, la più accreditata è quella di un gruppo criminale filo-islamico operante tra Mellita, Zuwara e Sabrata”.

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La pagina di Libya Herald con la notizia dell’aereo giunto ieri a Tripoli con i corpi di Piano e Failla

La sigla del Califfato Islamico torna invece nella notizia pubblicata ieri sul quotidiano Libya Herald: i corpi di Piano e Failla sarebbero stati trasportati da Sabrata a Tripoli insieme a quelli di quattro terroristi Isis uccisi in scontri nei giorni scorsi a Sabratha.

I MISTERI DEL RAPIMENTO

Nel frattempo gli investigatori italiani cercano di chiarire alcune circostanze poco chiare del rapimento. Quel 19 luglio i quattro italiani avrebbero dovuto raggiungere Mellita, a ovest di Sabratha, via mare, per evitare di passare attraverso un territorio pericoloso.

Il programma però, come raccontano i sopravvissuti Pollicardo e Calcagno, cambia all’ultimo momento, con l’azienda Bonatti che avvisa: il viaggio si farà via terra, all’aeroporto di Gerba in Tunisia ci sarà un’auto ad attendere i quattro impiegati. La macchina, una monovolume guidata da un uomo che parla arabo, viene fermata intorno alle 21 da due mezzi. L’autista viene legato e picchiato, gli italiani portati via. Come mai questo cambio di programma? Qualcuno sapeva che i tecnici della Bonatti sarebbero passati proprio a quell’ora a bordo di un’auto senza scorta?

L’AUTOPSIA E IL RIENTRO DEI CORPI 

Nel frattempo il rientro delle salme in Italia, atteso da ieri, slitta ancora. Il direttore dell’Ufficio inchieste presso la Procura generale di Tripoli, Sidikj Al-Souri, ha annunciato che questa mattina alla presenza di tre medici legali, di cui uno italiano, è iniziata l’autopsia sulle due salme, autorizzata dal procuratore generale Khalifa Ghwell. Un esame, ha assicurato, non superficiale ma approfondito, al fine di trovare anche il più piccolo indizio che permetta di risalire ai responsabili dell’omicidio di Piana e Failla.

L’autopsia dovrebbe terminare oggi. Solo allora i familiari delle vittime, che da ieri hanno raggiunto Roma, potranno riavere i corpi e celebrare i funerali. I parenti di Fausto Piano continuano a mantenere il riserbo mentre la famiglia Failla ha affidato un doloroso sfogo all’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi: “Il ritardo, imposto dalle autorità libiche, al rientro delle salme è vergognoso – ha detto ieri al Corriere della Sera.- Si sta speculando con ferocia sul dolore delle famiglie che sono in attesa a Roma”.

Francesca Mulas

 

 

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