Ha praticato l’eutanasia a un centinaio di persone. E ha dato disposizioni perché, nel caso in cui si trovasse nelle condizioni di malato terminale, venga praticata a lui stesso. Lo afferma, in un’intervista a l’Unione sarda oggi in edicola, il medico anestesista in pensione Giuseppe Maria Saba.
Sette anni fa Saba aveva rilasciato dichiarazioni analoghe in un’intervista a La Nuova Sardegna. Erano i giorni in cui il tema dell’eutanasia era stato rilanciato sui media dalla vicenda di Giovanni Nuvoli, l’algherese malato di Sla che proprio come qualche anno prima Piergiorgio Welby aveva chiesto che fosse posta fine alla sua sofferenza.
Saba , che oggi ha 87 anni, si dichiarò favorevole a una legge che, in casi particolari e accertata la volontà del malato, consentisse la “dolce morte”. E confermò di aver aiutato a morire dei malati terminali di cancro. “Soffrivano le pene dell’inferno – disse – sono stati loro a domandarmi di aumentare la dose di analgesico perché non volevano più restare in quelle condizioni”.
Nel 1982, in un’altra intervista rilasciata a un settimanale nazionale e poi ripresa dai giornali sardi, Saba aveva dichiarato di aver praticato l’eutanasia al padre e alla sorella. Nell’intervista odierna, quantifica in “un centinaio” il numero di persone che ha aiutato a morire. Ma, fa capire, non è stato il solo. “La dolce morte – afferma – è una pratica consolidata in tutti gli ospedali italiani ma per ragioni di conformismo e riservatezza non ne se parla ”.
