Coronavirus, le profezie dell’epidemia: in chat tra bufale e teorie dei complotti

Tra le centinaia di messaggi sulle chat di Whatsapp in questi giorni di Coronavirus, alcuni al limite dell’illegalità e della lesione della privacy, anche negli smartphone dei sardi ne sta circolando uno che riporta in voga teorie complottistiche e profetiche. L’immagine diffusa in questi giorni è quella di una pagina del libro End of Days (sottotitolo: Predictions and prophecies about the End of the world), scritto da Sylvia Browne e Linsday Harrison, edito in Italia col titolo Profezie (Mondadori, 2012), che contiene, tra le tante, un’apparente predizione del Coronavirus.

Sylvia Browne, sedicente veggente e medium e acclarata celebrità televisiva americana, morta nel 2013, scriveva che, proprio nell’inverno 2020, “diventerà prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti”, a causa di una potentissima malattia, del tutto simile all’influenza, che attacca bronchi e polmoni e resiste a qualsiasi terapia nota.

Molti siti attraverso il debunking (smascheramento delle notizie false) hanno demistificato i racconti della sensitiva e in questi giorni di massima allerta sulle fake news in circolazione sul Coronavirus, le sue profezie sono state messe sotto la lente di ingrandimento.

Che sia la predizione esatta di questo virus o meno, la Browne scrive anche che il mondo avrebbe dovuto fronteggiare anche un’altra infezione nel 2010, in realtà mai arrivata e c’è da notare anche che il libro in questione è stato scritto subito dopo l’epidemia di Sars. La Browne in cinquant’anni ha elargito previsioni sulla vita politica e mondana degli Usa, ma è diventata una star della tv soprattutto per la dichiarata abilità di diagnosticare malattie e di poter aiutare la polizia e le famiglie nei casi di bambini scomparsi. Spesso, però, si è scoperto inseguito, dando informazioni false e depistando le indagini.

Sylvia Browne, però, non è l’unica ad aver scritto pagine profetiche. Un altro scrittore, ben prima, aveva anticipato l’arrivo di un’epidemia mondiale. Questa volta c’è però un particolare: l’ambientazione a Whuan, la provincia cinese da dove il Covid-19 ha preso piede. Nell’edizione del 1989 di The Eyes of Darkness, l’autore americano Dean Kootz presenta alcune analogie con quanto sta accadendo oggi.

La scelta di ambientare il romanzo a Wuhan, in un laboratorio a soli 32 chilometri dal punto da cui è partita la malattia reale e la descrizione del virus, concepito come arma letale perfetta, che sviluppa i sintomi influenzali e uccide in poco tempo chi lo contrae, hanno aperto le porte in queste settimane alle teorie dei complotti sulla reale origine del virus e sui motivi che si celerebbero dietro a una pilotata epidemia, generata apposta per distruggere il mondo.

Bufale, fake news e complottismo da combattere, ma anche immaginazione e fantasia degli scrittori da preservare. D’altronde anche la tragedia del Titanic del 1912 fu angosciosamente anticipata dal volume Futility or the Wreck of Titan, nel 1898.

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