Cannabis terapia, l’occasione mancata. Cristina Porcu, la farmacista pioniera

Curarsi con la cannabis? Oggi non è più un’utopia: dopo anni di pregiudizi e proibizionismo i medici italiani possono prescrivere già da qualche tempo i cannabinoidi per trattare malattie come sla e sclerosi multipla, sfruttando le ormai note proprietà analgesiche, sedative, miorilassanti della pianta.

Peccato che il progresso della scienza non sempre vada al pari con leggi e normative, e così oggi accade che la cura con i cannabinoidi richieda una trafila tutt’altro che semplice. A raccontare l’occasione mancata della cannabis terapeutica è Cristina Porcu, giovane farmacista cagliaritana: nei laboratori della sua farmacia di via Cadello tra ampolle, vaporizzatori, bilancini e polveri è stata la prima nell’isola a preparare le medicine utilizzando i principi attivi della pianta; a lei oggi si rivolgono medici e farmacisti di tutta l’isola dato che i cannabinoidi terapeutici sono farmaci “orfani”, previsti dalla legge ma non trattati dalle industrie farmaceutiche.

“La legge italiana consente l’utilizzo della cannabis da alcuni anni – sottolinea la Porcu – ma solo poche regioni italiane hanno protocolli attuativi che ne regolano uso e distribuzione: la Sardegna non è tra queste“.

Nel 2007 un decreto del Ministero della Salute aggiornava le tabelle degli stupefacenti e consentiva la prescrizione con ricetta medica di delta-9-tetraidrocannabinolo o THC e altri derivati della cannabis dalle proprietà terapeutiche; un decreto più recente, in vigore dal 23 febbraio 2013, conferma la possibilità di usare non solo il THC ma anche i composti vegetali che lo contengono; senza precise direttive regionali raggiungere questi farmaci è però quasi un’impresa.

L’unico medicinale autorizzato all’immissione in commercio in Italia è il Sativex, una miscela di due estratti della cannabis sativa, il cannabidiolo (Cbd) e delta-9-tetraidrocannabinolo (Thc): “In Sardegna – ci spiega la farmacista – è fornito gratuitamente solo ai pazienti del Centro Sclerosi Multipla dell’ospedale Binaghi di Cagliari. Tutti gli altri possono averlo solo tramite prescrizione medica da centri ospedalieri o specialisti registrati sulla speciale piattaforma web disposta dall’Aifa. A caro prezzo: per un mese di terapia con Sativex, non rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale se non dispensato dall’ospedale, si spendono 655,38 euro. E in ogni caso, anche volendolo pagare non è disponibile presso i grossisti di medicinali da cui si approvvigionano le farmacie”.

In Italia a parte il Sativex non ci sono altri farmaci pronti ma si può scegliere la via delle preparazioni galeniche in laboratorio: Cristina Porcu nel 2010 è stata la prima a creare preparati a base di cannabis in Sardegna, in quegli anni sul mercato c’era solo il dronabinol o THC sintetico. Da due anni si può trovare anche il bedrocan, l’infiorescenza essicata di cannabis sativa dagli unici due distributori italiani autorizzati dal Ministero della Salute che a loro volta si riforniscono dall’Office for Medicinal Cannabis Olandese.

“Ho fatto il primo ordine di bedrocan, il fiore essicato della cannabis, nel 2012 – racconta la farmacista cagliaritana – da allora ho preparato il farmaco per 25 pazienti in tutta l’isola. Il bedrocan ha una concentrazione di THC e CBD fra il 19 e il 21%, cosa che consente di dosare l’esatto quantitativo di principio attivo che il medico valuta corretto per ciascun trattamento. Il paziente ottiene il preparato sotto forma di cartine contenenti il dosaggio giornaliero previsto dal medico, che può essere assunto sotto forma di infuso o con un vaporizzatore; è in fase di test un metodo di estrazione in olio, il preparato potrà così assumersi in gocce”. Il processo per lavorare la cannabis in laboratorio è ormai testato, le procedure per comprarla, detenerla e conservarla sono invece piuttosto complesse: “La cannabis viene acquistata con le stesse modalità usate per stupefacenti come la morfina; all’arrivo viene registrata in un registro ufficiale dove si indicano anche le preparazioni fatte e le relative ricette: il tutto verrà conservato per 2 anni. Se la sostanza dovesse scadere in farmacia, deve essere sigillata e conservata sottochiave fino al momento in cui la ASL, in collaborazione con i NAS, organizzerà un’apposita sessione di distruzione stupefacenti”.

Gli effetti positivi della cannabis sono noti da anni: si usa nel trattamento della spasticità nella sclerosi multipla e nella sla, per ridurre gli effetti collaterali della chemioterapia e per la terapia del dolore, eppure l’Assessorato alla Sanità della Regione Sardegna non ha ancora approvato un regolamento per la sua distribuzione e per la somministrazione gratuita ai pazienti che ne avrebbero benefici. Chi finora ha utilizzato le cartine di cannabis per curare dolori e patologie le ha pagate di tasca propria: un grammo costa quaranta euro, per una terapia completa al dosaggio massimo consentito si spendono anche mille euro.

Francesca Mulas

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