I cannabinoidi sono farmaci “orfani”, cioè previsti dalla farmacopea ufficiale ma non trattati dalle industrie farmaceutiche. I pazienti che potrebbero utilizzarli per patologie come sla, sclerosi multipla e terapie del dolore possono averli sono dietro un iter lungo e a caro prezzo, dato che il Sistema Sanitario Nazionale non prevede il rimborso per chi li acquista.
Colpa della burocrazia o nel nostro paese scontiamo ancora i pregiudizi sull’uso della cannabis in medicina? Lo abbiamo chiesto a Salvatore Usala, segretario dell’associazione dei malati di Sla Comitato 16 novembre e attivista in prima linea su molte battaglie per i diritti dei malati. “Penso che non esistano più pregiudizi di ordine moralistico nei confronti di preparati per tisane che oramai hanno dato risposte scientifiche chiare. Mi pare chiaro che le nostre amministrazioni fanno parte del quarto mondo, lente, supponenti, ignoranti e pure arroganti. Un esempio? Il 22 ottobre scorso la Direzione Generale delle Politiche Sociali del Ministero ha elaborato linee guida per progetti di vita indipendente, per giunta farraginose. Tutto questo per 125 progetti da 80mila euro. In Sardegna spendiamo per la legge 162/98 (legge che regolamenta la vita indipendente) oltre 100 milioni, il ministero appena 10 dei fondi 2014, tutto questo dimostra che la burocrazia oggi è indecente. Quando si parla di nuovi farmaci l’attesa è vergognosa, pur se sono testati in altri paesi, devono attraversare iter, commissioni, enti vari e ministeri e così passano anni”.
I pazienti che potrebbero trarre beneficio dalla cannabis terapia sperano in un progetto approvato di recente dai ministri della Salute Beatrice Lorenzin e della Difesa Roberta Pinotti: “L’accordo prevede la coltivazione, produzione e distribuzione di preparati a base di cannabis nello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze – sottolinea Usala – Speriamo che il progetto vada a buon fine, la cannabis da per certo benefici per la spasticità ed il dolore, conosco diverse persone che spendono tanti soldi e hanno un grande sollievo. Molti però sono costretti ad acquistarla all’estero perché fuori dal nostro paese costa la metà”.
Francesca Mulas
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