Becciu ai tre accusatori: “Loro liberi, per me un incubo. Usano il Papa per vendicarsi di me”

Voglio manifestare la mia amarezza perché il Tribunale non ha accolto le richieste dei miei avvocati, la possibilità di avere in mano le cosiddette chat ‘omissate’, perché così la difesa rimane mortificata, non può esercitare completamente il proprio diritto se non ha tutto il materiale”. Così ha detto il cardinale Angelo Becciu ai giornalisti, al termine dell’udienza di oggi, la 60°, in cui è venuto si è parlato dei 126 messaggi che a novembre 2022 Genoveffa Ciferri, un’amica di monsignor Alberto Perlasca, scrisse al promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi. Perlasca è il teste chiave nel processo che vede imputato Becciu: l’uno è stato per anni il capo della Prima sezione della Segreteria di Stato, l’ufficio dove si gestisce un tesoretto da quasi 700 milioni di euro tra immobili e liquidi, compresi i flussi dell’obolo di San Pietro. Becciu era il numero due.

Alla difesa di Becciu il Tribunale del Vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone ha permesso di leggere solo sei dei 120 messaggi. Il cardinale di Ozieri ha proseguito così, sempre rivolgendosi ai giornalisti: “Si è chiesto di far chiarezza su questa vicenda, sulla vicenda di questi tre signori, monsignor Perlasca, la signora Chaouqui e la signora Ciferri, che hanno detto loro stessi di aver tramato contro di me. È una trama che hanno fatto e che ha addirittura portato a strumentalizzare il Papa. Si sono serviti di lui per portare avanti un piano vendicativo nei miei riguardi. Non capisco perché non si faccia chiarezza su questo aspetto”.

La Chaouqui è Francesca Immacolata, anche lei citata nei messaggi a Diddi perché, stando agli atti, insieme agli Ciferri aiutò Perlasca a stilare il memoriale sulla presunta cattiva gestione dei fondi della Segretaria di Stato da parte di Becciu. Ha aggiunto il cardinale sardo: “I tre sono tranquilli, liberi: io invece sono da tre anni in questa sofferenza, sotto l’incubo di queste accuse che si stanno rivelando false. Io – ha continuato Becciu – esprimo la mia amarezza perché non si fa chiarezza su questa vicenda, perché è un’offesa allo stesso Santo Padre. Non ci si può servire del Papa per mandare avanti un piano così doloroso come la vendetta, cosa che è stata fatta nei miei riguardi. Quindi io continuo a mantenere la mia fiducia nel Tribunale e spero che la verità emerga fino in fondo. Però il non indagare su questa vicenda mi lascia piuttosto perplesso”.

Nel frattempo la stessa Chaouqui ha diffuso una nota. Che ha detto: “Il cardinale Angelo Becciu continua a chiamarmi in causa stravolgendo la realtà delle cose. Lui chiama trame i fatti che stanno emergendo dal processo, ma soprattutto continua a ritenere false le accuse che gli sono rivolte, senza avere l’educazione e il rispetto per il giudice che è chiamato a stabilire dove è la verità”. Il comunicato prosegue così: “Il cardinale Becciu continua nella sua narrazione che tende a denigrare il sistema giudiziario vaticano, non fa altro che mancare di rispetto a tutte quelle persone che stanno provando a far emergere la verità sull’utilizzo dei fondi della Segreteria di Stato”.

Secondo la Chaouqui, “nel corso delle udienze Angelo Becciu ha solo ripetuto a memoria una tesi, rammaricandosi di sofferenze e false accuse senza per altro dimostrare il contrario. Anzi: più volte davanti a domande importanti si è trincerato dietro ad un ‘non ricordo‘. Mi duole sottolineare – continua la donna – l’ennesimo tentativo di tirare per la giacca il Santo Padre, che già ha tentato di strumentalizzare registrando una telefonata privata, questo sì un fatto incontrovertibile, per cercare di ottenere da Francesco in maniera non proprio corretta, una dichiarazione da brandire in udienza. Una cosa del genere non lo so se costituisce reato, ma sicuramente non fa onore, non tanto all’uomo, quanto al prete”.

Dice ancora la Chaouqui: “Aggiungo tre cose. Sono orgogliosa di quello che ho fatto e lo rifarei mille altre volte, perché è stato un tentativo a supporto della verità che dovevo al Santo Padre. Secondo: se c’è una persona che sta continuando a strumentalizzare e a offendere la mia persona per spostare l’attenzione dalle sue responsabilità è lui, per questo motivo ho provveduto a querelarlo, dopo le sue dichiarazioni in udienza, in relazione al baciamano che Papa Francesco mi ha concesso, insieme ai miei figli, ad agosto scorso”.

lnfine: “A conferma di quanto dico, invito tutti a verificare l’apertura di un fascicolo da parte dell’autorità vaticana con numero di registro 1723 Rgb. Invito pertanto il cardinale Becciu a mettersi l’anima in pace per quanto riguarda la sottoscritta: accettando la mia nomina in Cosea, mi sono assunta la responsabilità di verità e trasparenza dovuta al Papa a qualunque costo. Per chiudere una domanda a Sua Eminenza e ai suoi legali: perché invece di difendervi dalle accuse, continuate ad essere ossessionati da me? Perché vi faccio così paura?”.

A inviare una nota ai giornalisti sono stati anche i legali di Becciu, Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo. “Con l’ordinanza di oggi il Tribunale ha preso atto della valutazione dell’accusa di non mettere a disposizione dei giudici e delle difese, per esigenze di segretezza investigativa, l’intera chat inoltrata al Promotore e relativa alle genesi e alla progressione delle dichiarazioni rese da Monsignor Perlasca. Prendiamo atto della decisione, così come del fatto che la scelta del Promotore ci consegna una prova mutilata che, al contrario, ove esibita integralmente, avrebbe consentito di ricostruire con maggiore dettaglio la macchinazione ai danni del Cardinale, la cui innocenza il processo ha dimostrato”.

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