Becciu sulla Chaouqui: “Io lo dissi che lei non era degna di lavorare in Vaticano”

 “Non sono il cardinale Becciu che ha bisogno di dire ‘il Papa mi riammette al Conclave, sono riabilitato’”. È questo un passaggio fatto ieri nel corso dell’interrogatorio da Francesca Immacolata Chaouqui, la manager nemica di Angelo Becciu, calabrese di nascita, arrivata in Vaticano giovanissima, nel 2006 (è nata nel 19981), portata lì da un altro porporato, il francese Jean-Louis Pierre Tauran, come detto dalla stessa manager che era componente del Cosea, commissione che nella Santa Sede si occupa di organizzare la struttura economico-amministrativa. Ma la donna è nota anche per essere la protagonista di Vatileaks, la consegna ai giornalisti di documenti riservati e per il cui caso è stata condannata a dieci mesi.

La Chaouqui e Becciu sono stati sentiti separatamente davanti al presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, e con Alessandro Diddi promotore di giustizia (l’equivalente del pubblico ministero). I due si sono citati di continuo. La Chaouqui ha detto a più riprese: “Ho sempre agito per fare sapere al Papa della truffa che avveniva alle sue spalle”.

Il processo in corso è quello relativo ai fondi gestiti dalla Segreteria di Stato, di cui il cardinale Alberto Perlasca era il capo e teste chiave nella vicenda giudiziaria, mentre Becciu il sostituto, accusato di peculato e abuso d’ufficio. L’operazione più corposa al centro dell’inchiesta riguarda l’acquisto a Londra del palazzo in Sloane Avenue, ma ci sono anche altri utilizzi sospetti di soldi, tra cui il lavoro di intelligence per il quale ha ricevuto soldi pure la la cagliaritana Cecilia Marogna, fedelissima di Becciu, accusata anche lei di peculato perché con i soldi del Vaticano avrebbe comprato anche beni di lusso per uso personale.

Come risultato dalle mail tra Becciu e Bergoglio rese pubbliche dallo stesso cardinale di Ozieri, sempre ieri nel corso del processo aggiornato al 16 febbraio, la Chaouqui pensa che il porporato sardo sia stato decisivo nel suo arresto per l’affaire Vatileaks. Ma anche ieri Becciu ha detto: “Lei, lo avrete capito, ha qualcosa contro di me. Anzi, molto contro di me. E una delle accuse che smentisco in pieno è quella di aver dato io ordine di arrestarla e di non aver avuto pietà del suo stato di donna incinta. È una bugia, è falso”.

Le manette per la Chaouqui scattarono “i primi di novembre 2015 – ha ricordato ancora il cardinale -. Io ero nel mio Paese, in Sardegna. Chi la interrogò fu il comandante Giani e mi telefonò: ho arrestato la signora Chaouqui. Gli dissi: ‘Ma sei matto?’. ‘No, avevo tutte le ragioni per farlo’. Poi disse in seguito che era in stato interessante, era di pochi mesi. Come si fa a vedere a tre mesi?”.

Ancora dalle dichiarazioni rilasciate ieri da Becciu sulla Chaouqui. “Quando nel 2013 fu composta la commissione Cosea e alla Segreteria di Stato fu inviata la lista dei nomi, io a vedere il nome trasalii perché avevo avuto segnalazioni gravi sulla sua persona. Di solito era prassi che la Segreteria di Stato desse il beneplacito alle nomine, per fare il ‘de more’. Eravamo agli inizi del Pontificato e le regole stavano saltando. Fummo messi davanti al fatto compiuto. Qualche mese prima ebbi segnalazioni che non deponevano a favore di questa signora, corsi da chi di dovere e dissi: ‘Questa signora non è degna di lavorare qui in Vaticano‘. Non mi ascoltarono”

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