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Fase 2. L’ordinanza 20 della Regione. Dessì: “Il provvedimento è illegittimo”

4 Maggio 2020 Angolo dei lettori
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Con l’intervento di Antonio Dessì, giurista, caposervizio del Personale in Consiglio regionale, Sardinia Post ha deciso di offrire ai lettori ancora un altro autorevole punto di vista sull’ordinanza 20, quella che il presidente della Regione, Christian Solinas, ha emesso sabato 2 maggio, anticipando in Sardegna le riaperture delle attività commerciali. Il capo della Giunta ha affidato decisioni e gestione ai sindaci che, tuttavia, hanno deciso di non adeguarsi alla disposizione, preferendo un supplemento di verifica attraverso il confronto coi prefetti. La disamina di Dessì è un importante perché contribuisce a spiegare nelle pieghe il provvedimento sul quale deve ancora esprimersi definitivamente il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia. Dessì, nel suo post su Facebook, da cui abbiamo preso anche gli interventi di Gian Giacomo Pisotti e Francesco Caput, dà bonariamente un titolo: ‘Notarelle giuridiche sulla nuova ordinanza (numero 20 del 2 maggio) del presidente della Regione. Ulteriori elementi di confusione nel perdurante difetto di una disciplina legislativa dei poteri d’emergenza”, ha scritto. A seguire l’intervento.

Direi che siamo nel caso diametralmente opposto a quello dell’ordinanza regionale numero 19 del 13 aprile.
Nella precedente infatti si sono previste disposizioni più restrittive rispetto a quelle standard statali, stabilite nel Dpcm del 10 aprile, sulla base di un’autorizzazione contenuta nel decreto-legge numero 19/2020. In quel caso fu discusso da più parti il tema della congruità della motivazione, questione sulla quale, dopo il rigetto da parte del presidente del Tar Sardegna dell’istanza cautelare contenuta nel ricorso presentato da un interessato, deciderà il Collegio.

Nella nuova ordinanza la Regione invece prevede alcune misure meno restrittive di quelle standard statali, stabilite nel Dpcm del 26 aprile. Sennonché il nuovo Dpcm consente limitate deroghe alle misure standard attribuendone il potere ai sindaci, non alla Regione, alla quale resta invece affidato solo il potere di disporre motivatamente misure più restrittive (per inciso l’articolo 10 del nuovo Dpcm fa salve quelle adottate precedentemente dalle Regioni: bisognerà vedere che influenza avrà questa disposizione sui giudizi pendenti).

La pretesa della Regione è di disciplinare l’esercizio della competenza dei sindaci, invocando a tal proposito l’articolo 3 dello Statuto speciale, che attribuisce alla Regione potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento locale. In questo mi pare che si possa rilevare un’illegittimità della nuova ordinanza regionale. Essa infatti è – appunto – un’ordinanza, mentre per incidere sulle competenze comunali occorrerebbe una legge (su questa riserva garantista mi pare possano sussistere pochi dubbi).

Peraltro la Regione pretenderebbe di forzare la mano ai Sindaci dando loro una direttiva di ampliamento che non può dare (potendo di suo solo adottare disposizioni più restrittive) e incidendo in una competenza che lo Stato, non la Regione, sta delegando ai medesimi, i quali in tali competenze svolgono la funzione di ufficiali del Governo.
A me sembra che Stato e Regione stiano insieme pasticciando, per di più proprio in un campo dove l’autonomia comunale dovrebbe essere coperta appunto dalla garanzia della riserva di legge, statale o regionale.

Ora pare che il Ministro degli affari regionali, Boccia, abbia diffidato la Regione sarda intimandole la modifica o la revoca delle parti non concordate dell’ordinanza, a pena di impugnativa davanti al Tar. Staremo a leggere e a vedere, intanto però lo scaricabarile congiunto sui Sindaci rischia di aggiungere un altro elemento di confusione.

Antonio Dessì

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