Il versamento a mare di idrocarburi provenienti dalla raffineria Saras non passa inosservato: con una denuncia, l’avvocato Gianfranco Sollai del foro di Cagliari chiede alla Procura di Cagliari che “si proceda penalmente nei confronti dei responsabili per i reati che verranno ravvisati”. “Quanto verificatosi reca un grave danno alla flora e alla fauna marina, nonché alle attività economiche esercitate in mare, quali pesca ed itticoltura, con conseguente pericolo per la salute”, aggiunge Sollai.
Questi i fatti: nella notte tra il 30 settembre e il primo ottobre, si verifica una fuoriuscita di acqua piovana mista a idrocarburi dai canali interni della raffineria. L’acqua contaminata finisce direttamente in mare. A proposito del versamento, la Saras ha fatto sapere di “aver agito nel rispetto del piano di emergenza piogge torrenziali. Tali misure hanno consentito di contenere le acque in eccesso e assicurare il regolare svolgimento delle attività del sito in piena sicurezza”.
A sollevare per primo il problema è stato Carmelo Mura, pescatore e presidente dell’associazione “Salva il mare”, quando la mattina del primo ottobre ha verificato e documentato tramite foto e video la presenza in mare di una chiazza viscosa tanto grande da perdersi a vista d’occhio. “Si estendeva dalla torre di raffreddamento dello stabilimento Sarlux in direzione N. N.E. In quel tratto l’increspatura del mare era inequivocabilmente appiattita dalla coltre di sostanze oleose che formano gli effetti cromatici luccicanti tipico degli idrocarburi”, racconta il pescatore.
“Il problema – ha spiegato Mura a SardiniaPost – è che simili versamenti si verificano puntualmente ogniqualvolta piove con forte intensità. E per evitare simili fuoriuscite, “l’associazione Salva il mare ha anche formulato delle proposte, presentate a più riprese anche ai dirigenti Saras: se si riesce a pompare il greggio dai serbatoi di Porto Foxi agli impianti, si può fare altrettanto per l’acqua contaminata. Attraverso un sistema di pompe da realizzare ex novo, l’acqua inquinata potrebbe essere coinvogliata in serbatoi specifici e non dispersa in mare”, ha spiegato il presidente dell’associazione.