Alberto Zorcolo, ingegnere a Birmingham: «In Sardegna avevo il lavoro, Inghilterra occasione unica»

Galeotto fu l’Erasmus, un anno all’università di Sheffield. Era il 1998. Quell’esperienza, tempo dopo, si è rivelata decisiva per orientare scelte di vita e di lavoro. Alberto Zorcolo è un ingegnere meccanico di 41 anni che vive a Worcester e lavora a Birmingham alla Wilmat Handling, azienda specializzata nella progettazione e nella costruzione di macchinari per il sollevamento di materiali pesanti: «Sono Design & Techinal Manager all’interno della compagnia. Il mio è un ruolo ad ampio spettro perché riguarda aspetti tecnici e manageriali: dalla preparazione di preventivi fino all’emissione degli ordini, passando per il design in senso stretto. Inoltre gestisco l’officina, compito vario che comprende l’organizzazione del lavoro degli operai, il miglioramento delle tecniche di produzione e la certificazione di qualità dei prodotti. In questo periodo sto seguendo personalmente le modifiche di un sistema di sollevamento per motori di treni per conto di una compagnia ferroviaria del West Midlands».

Originario di Cagliari, dove si è laureato, Alberto è rimasto in Sardegna sino a metà del 2003 quando si è trovato di fronte a un bivio: restare in città «lavoravo stabilmente in uno studio d’ingegneria idraulica», o accettare la chiamata dall’università di Sheffield «mi avevano offerto un PhD in tribologia (lo studio dell’attrito e dell’usura nei materiali meccanici), l’occasione era irripetibile».

Il dottorato è stato la prima tappa di un percorso che l’ha portato a spostarsi dalla ricerca – pura e applicata – all’industria. «Il progetto – racconta – era finanziato dall’Unilever. In parallelo alla ricerca ho svolto esercitazioni di laboratorio con gli studenti del primo e del secondo anno, e in alcune occasioni ho fatto consulenza per alcune compagnie private».

Nel 2006, nuova avventura: project engineer all’ARMC (Advanced Manufacturing Research Centre -centro di ricerca nato dalla collaborazione tra l’università di Sheffield e il colosso aerospaziale Boeing ai quali si sono poi associate – tra le altre – Rolls Royce, British Aerospace, EADS e Jaguar-Land Rover). «Per tre anni e mezzo sono stato coinvolto nel mega progetto europeo AFFIX, focalizzato sulle tecnologie automatizzate per l’assemblaggio di una varietà di componenti meccanici. Ho sviluppato due sistemi: uno di guida per braccio robotico basato su un software di visione artificiale, l’altro di misurazione laser per consentire montaggi in ambienti con scarsissima illuminazione e con pareti altamente riflettenti. Successivamente sono passato alla realtà aumentata e – in ultimo – allo sviluppo di una workstation che utilizza un complesso sistema di proiettori ottici e laser atto a guidare un operaio nell’unione di parti meccaniche».

Nel 2013 altra sfida lavorativa e di vita: «Ho lasciato Sheffield per Worcester per fare il manufacturing engineer in un’azienda meccanica locale; ci sono rimasto sino a ottobre del 2014 quando ho accettato l’offerta della Wilmat Handling in cui sono tuttora».

A fare da cornice a questa scalata un sistema efficiente, flessibile e privo di bizantinismi in cui tutti gli attori (politica, università e impresa) fanno la loro parte appieno e sono in connessione costante. «Le piccole e medie imprese – spiega Alberto – sono sostenute con fondi per la ricerca e sgravi fiscali mirati, riservati a chi investe in innovazione. La burocrazia è snella e la pressione fiscale più mite rispetto a quella italiana. C’è poi un livello d’interazione tra aziende e università che in Italia ci sogniamo; negli atenei inglesi sono frequenti le cosiddette career fair, eventi in cui i rappresentanti delle imprese illustrano le opportunità d’impiego e verificano l’interesse degli studenti. Per non parlare degli studi e progetti promossi e finanziati dalle compagnie. Qui poi in quattro anni al massimo hai finito gli studi, magari avendo meno conoscenze teoriche rispetto a un collega italiano ma ciò può essere un grande vantaggio soprattutto nel primo impiego; si preferisce puntare su persone più giovani e più fresche per formarle in base alle esigenze aziendali. Infine devo dire che le agenzie per l’impiego sono efficienti».

Insomma, l’ambiente ideale per far emergere competenze e talento, con alcune avvertenze: «Chi arriva e vuole procedere spedito deve conoscere la lingua. In generale la familiarità col lavoro conta moltissimo per tutti. Chi si presenta al primo impiego a tempo pieno dopo l’università e può vantare anche piccole esperienze, è avvantaggiato. Le persone che hanno svolto prima attività di ricerca devono superare il pregiudizio diffuso di molti imprenditori che ritengono questo settore avulso dalla realtà industriale. Nei colloqui capita spesso di doversi misurare con quesiti tecnici. Alla base di tutto vi devono essere comunque tenacia e umiltà, sovente serve un po’ di tempo prima di trovare il lavoro dei sogni».

Giovanni Runchina

 

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