Qualcuno dei cinque arrestati starebbe collaborando, raccontando per filo e per segno agli inquirenti quanto accaduto la notte dell’11 settembre, quando sulle sponde del lago Omodeo è stato barbaramente ucciso il 18enne Manuel Careddu. Ancora non è chiaro chi sia, ma appare certo che il “super-pentito” sia uno del branco – due minorenni e gli altri poco più grandi – accusati del delitto e dell’occultamento del cadavere. Gli atti dell’interrogatorio al momento sarebbero stati secretati dal procuratore di Oristano Ezio Domenico Basso e dal sostituto Andrea Chelo, perché l’indagine è delicatissima: vi sono infatti ancora ruoli e dinamiche da chiarire, ma soprattutto persone da identificare e i cui ruoli sono al vaglio della Procura. Tra i difensori dei cinque fermati il riserbo è strettissimo e non si scoprono le carte. Fonti vicine agli investigatori, però, svelano che più di un indagato avrebbe fornito elementi utili – poi legati assieme dagli inquirenti – ma anche che ci sia un “collaboratore” che avrebbe iniziato da subito a raccontare con chiarezza i dettagli del delitto.
Nessuna conferma, invece, di una vera e propria confessione esplicita dell’eventuale esecutore materiale. L’inchiesta della Procura oristanese, tra l’altro, starebbe proseguendo su due piani distinti: il primo è chiarire con precisione i ruoli di ciascuno e il numero dei presunti complici del delitto (si parla insistentemente di un sesto uomo), l’altra è verificare quante persone sapessero della tragica fine di Manuel Careddu nei giorni successivi alla sua scomparsa, quando ancora la famiglia e gli investigatori lo stavano cercando. Ansa
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