“Ma è un parco naturale o una “macelleria ecologicamente sostenibile”?”. La domanda la pone Stefano Deliperi del Gruppo d’intervento giuridico in una nota che denuncia il progetto della creazione, all’interno del Parco naturale regionale Porto Conte, di un impianto di macellazione di animali catturati nel corso delle operazioni dei piani di contenimento della fauna selvatica ritenuta in eccesso.
Finora il Parco ha catturato dal 2008 un migliaio di cinghiali, “molto spesso porcastri, cioè ibridi maialexcinghiale – spiega Deliperi – come accade anche nel Parco nazionale dell’Arcipelago della Maddalena, grazie a dissennate operazioni condotte a fini venatori degli anni passati”. Secondo il presidente del Parco Stefano Lubrano, “la carne di cinghiale entrerà a far parte di quei prodotti del Parco certificato dal Marchio delle aree protette. E contestualmente consentirà al Parco di produrre economia e reddito da una risorsa faunistica che oggi sta creando molti danni”. Dopo sarà il turno del daino, per cui chiede – dice Deliperi – la modifica della legge regionale n. 23/1998, in quanto oggi specie non cacciabile.
“Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l’attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici”, dice Deliperi. Che aggiunge: “Piaccia o no, “prelievi faunistici” e “abbattimenti selettivi” in un area naturale protetta sono l’extrema ratio in presenza di accertati “squilibri ecologici” e, in particolare per il Daino, presente nella Foresta demaniale di Porto Conte, gli eventuali esemplari in eccesso possono benissimo essere catturati e trasferiti in altre Foreste demaniali della Sardegna. L’Azienda speciale, anziché preoccuparsi di bistecche di daino e salumi di cinghiale, dovrebbe preoccuparsi di predisporre il piano del parco, strumento fondamentale di gestione dell’area naturale protetta tuttora assente”.