Ipotesi shock dell’architetto Laner: “La testa di Mont’e Prama? Un falso”

“È troppo perfetta: gli occhi, la bocca, le orecchie così precisi, e poi è molto espressiva. Quella testa non è originale”. Appena un anno fa le statue dei Giganti di Mont’e Prama venivano esposte al pubblico dopo un restauro lungo quarant’anni, oggi i Sardi e il mondo intero si sono riappropriati di uno straordinario tesoro emerso dal passato.

Ma c’è qualcuno che crede che quegli occhi tondi siano un falso. La testa del pugilatore, immagine simbolo del sito di Mont’e Prama e dell’intero mondo nuragico, sarebbe un imbroglio clamoroso messo a punto dagli archeologi con la complicità di un artista contemporaneo: ne è convinto Franco Laner, architetto veneto, ex docente Franco_Laner_03all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, esperto di storia delle costruzioni. Non è un archeologo, ma nel suo campo è un’autorità. Dopo aver insegnato Tecnologia dell’Architettura a Venezia, Laner ha cominciato a interessarsi di cose sarde e di costruzioni nuragiche. Negli anni scorsi ha dato alle stampe, oltre a trattati tecnici di ingegneria, edilizia e restauro, pubblicazioni sulle costruzioni nuragiche, sul tempio a pozzo di Santa Cristina, sull’architettura preistorica. Da tempo segue la vicenda del restauro e musealizzazione dei Giganti di Cabras. Ed è arrivato alla sbalorditiva ipotesi. Che sostiene senza cedimenti,  indifferente all’incredulità di chi lo intervista, a quanto hanno scritto gli archeologi su documenti ufficiali, diari di scavo, pubblicazioni. E anche alla divertita smentita del più importante scultore sardo, Pinuccio Sciola.
Professor Laner, abbiamo capito bene? La scultura più famosa di Mont’e Prama sarebbe un imbroglio?
Quel reperto è troppo perfetto rispetto agli altri emersi dallo scavo di Cabras. Tutti i frammenti sono rovinati, corrosi dal tempo, invece quella testa ha tratti precisi, come se non avesse attraversato i millenni e subito i segni del degrado: sembra fatta ieri. E poi ha un’espressività artistica e stilistica che stride con il resto. Non dico che sia un falso, credo però che il frammento originale trovato da Giovanni Lilliu duranti i primi sopralluoghi sia stato rimesso in bello, modificato, manomesso.
pugilatore_dorgaliRicapitoliamo: l’archeologo Giovanni Lilliu arriva a Mont’e Prama nel 1974 per un sopralluogo, cinque anni dopo dal sito viene fuori questa testa in arenaria con gli occhi a cerchielli, fotografata e documentata da un altro archeologo, Carlo Tronchetti. Quando sarebbe avvenuta la contraffazione?
Dopo il primo sopralluogo: credo che Lilliu abbia trovato la testa del cosiddetto pugilatore, rovinata e corrosa come gli altri frammenti, e l’abbia fatte ritoccare da qualche bravo e abile scultore. Per legittimare il reperto l’hanno documentata anni dopo, mentre era in corso il cantiere diretto da Tronchetti e altri archeologi. La fotografia che abbiamo visto ci fa vedere una testa poggiata sopra la terra, non inserita nella sua stratigrafia.
Perché ritoccare una scultura nuragica? Chi avrebbe avuto interesse a farlo?
Il perché è chiaro: quando Lilliu ha visto il sito con i reperti che affioravano dalla terra ha subito pensato ad una statuaria di grandi dimensioni e con stilemi paragonabili ai bronzetti nuragici.
Ha immaginato e scritto che questa scoperta eccezionale avrebbe cambiato le conoscenze sul Mediterraneo e la Sardegna. Ha visto in questi ‘giganti’ un primato che avrebbe portato al riscatto dell’Isola, a lungo maltrattata culturalmente e in secondo piano rispetto ad altri popoli dell’antichità. Lilliu è stato protagonista di una rivalutazione della cultura e civiltà sarda negli anni Settanta e Ottanta e la statuaria nuragica mostrava la Sardegna da un altro punto di vista. Per avere conferma doveva avere le prove che queste sculture riproducessero in grande i bronzetti: la testa è stata modificata in modo che sembrasse ancora più simile ai bronzetti, in particolare a quello del pugilatore trovato a Dorgali.
Gli archeologi Lilliu e Tronchetti d’accordo per portare sullo scavo un falso. Le pare credibile?
Non so se Lilliu da solo o con altri archeologi: per mettere a punto l’idea hanno sicuramente avuto il supporto di un bravo scultore sardo.
Scusi professore, sta forse pensando a Pinuccio Sciola? Era già conosciuto in quegli anni, amico di Lilliu, frequentava la Soprintendenza Archeologica di Cagliari come ispettore onorario. Se parla di bravo scultore sardo è il primo nome che viene in mente. 
Non ho le prove per affermare che sia stato lui, ma non lo escluderei. Del resto qualche tempo fa, quando qualcuno ha proposto di usare quella testa nuragica al posto dei mori nella bandiera sarda, Pinuccio Sciola è intervenuto dicendo che forse non era stata scolpita dai sardi nuragici, che era espressione di uno stile orientalizzante arrivato da fuori. Proprio Sciola ha scolpito anche una grande pintadera per il museo di Villanovaforru: molti l’hanno addirittura scambiata per un pezzo originale nuragico finché lui stesso ha dichiarato di esserne l’autore. E poi c’è anche il discutibilissimo modello di nuraghe trovato a San Sperate, oggi al Museo Archeologico di Cagliari: secondo lo studioso Massimo Pittau è un clamoroso falso, e io concordo con lui.
Ripeto, per essere sicura di avere capito bene: ci sta veramente dicendo che la testa che oggi è diventata il simbolo della cultura nuragica è solo un vecchio reperto falsificato?
Non sarebbe l’unica forzatura fatta su Mont’e Prama. Prendiamo ad esempio il restauro dei cinquemila frammenti: l’ho trovato risibile, debole e preconcetto. Ad esempio, uno dei pugilatori esposto al Museo Archeologico di Cagliari è stato ricostruito con lo scudo in testa. Solo il 20% sono frammenti e forse nemmeno di scudo, il restante 80% è resina e cemento. È palesemente una forzatura, un pugilatore con lo scudo sopra la testa è una anomalia messa in atto per rendere le statue in tutto simili ai bronzetti e confermare quanto sosteneva Lilliu. Nessuno ha poi osato andare contro alle teorie del Maestro. Quando non si ha la certezza del vero e autentico, sarebbe meglio evitare di riassemblare i frammenti e lasciarli così come sono, in modo da poterli studiare ancora. Ogni ricostruzione è comunque una manomissione. Nulla da dire sui pezzi che combaciano, ma sugli altri non si doveva inventare e ricostruire soggettivamente.
E ancora, non si tratta di sculture a tutto tondo: le caviglie di questi Giganti sono troppo sottili, da sole non garantiscono l’equilibrio e la stabilità ad una statua di pietra. Le statue di pietra hanno tre appoggi o appoggi molto ampli.

E allora cosa sarebbero?
Telamoni, o atlanti, insomma sculture impiegate per sostenere un peso superiore come un architrave: da un punto di vista strutturale sarebbe l’unico modo in cui potevano stare in piedi perché soggette solo a compressione. Ripeto non solo quel tipo di arenaria non è particolarmente forte, ma ogni pietra è vulnerabilissima alla trazione: non erano sculture a tutto tondo, bensì telamoni.

Gli archeologi credono invece che fossero sculture a guardia di un luogo sacro o di una necropoli.
Non c’è la certezza che i Giganti fossero contemporanei alle tombe. Certo, sarebbe suggestivo e questo dimostrerebbe ancora di più la loro vicinanza ai bronzetti e soprattutto permetterebbe una datazione meno incerta, che ora oscilla fra XII e VI secolo prima di Cristo. Ma non ci sono prove.
Infine, guardando i reperti venuti alla luce durante gli scavi in corso, ci sono statue appena sbozzate e con le caviglie già rotte. Questo mi fa pensare a un cantiere in corso più che un’opera finita e poi distrutta. Resta la convinzione che ci sia stata una forzatura per finalità strumentali e che anche il recente restauro sia tale. Ma l’archeologia, come altre discipline scientifiche, non può strizzare l’occhio all’ideologia”.

Ha letto i diari di scavo, visto le ultime pubblicazioni? Da poco sono usciti tre tomi su Mont’e Prama e sui suoi scavi, ci hanno scritto archeologi ed esperti che hanno studiato da vicino le sculture negli ultimi quarant’anni. Non c’è nulla, in quei documenti, che sostenga la sua ipotesi.
No, ho visto le fotografie e le planimetrie disponibili su internet e su alcune pubblicazioni.

Francesca Mulas

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