Delitto di Orune: il Gip “Pinna poteva uccidere ancora, Cubeddu succube”

Paolo Enrico Pinna poteva uccidere ancora e se lasciato libero poteva inquinare le prove. Lo dice il Gip del tribunale dei minori di Sassari, Stefania Palmas, nell’ordinanza di custodia cautelare – 101 pagine – che ha portato in carcere il 18enne di Nule (Sassari) accusato, assieme al cugino Alberto Cubeddu, 21 anni di Ozieri (Sassari), degli omicidi dello studente di Orune (Nuoro) Gianluca Monni, di 19 anni, e del 28enne di Nule, Stefano Masala, il cui cadavere non è mai stato trovato e sul quale i due sassaresi avrebbero voluto far ricadere la colpa del delitto del 19enne.

Per il giudice, Pinna, minorenne all’epoca dei fatti, è un soggetto pericoloso. “La concretezza e l’attualità del pericolo che il Pinna se lasciato libero possa commettere altri reati della stessa indole di quelli commessi – scrive il Gip – emerge peraltro dal contegno tenuto in famiglia. Egli infatti è soggetto dalla personalità irascibile e con assoluta disinvoltura traduce in atti di violenza addirittura nei confronti della madre, che spesso ha confessato ai parenti di averne paura e in talune occasioni è dovuta scappare di casa”.

Il giudice spiega quindi i motivi che avrebbero potuto scatenare nel 18enne altre azioni violente. “Non è stata ancora restituita al Pinna la pistola sottratta a Orune e questo potrebbe alimentare ulteriori propositi di vendetta – si legge nell’ordinanza -. I recenti sviluppi delle indagini espongono a pericolo anche i soggetti che hanno reso dichiarazioni atti a compromettere la posizione di Pinna e Cubeddu. Dalle intercettazioni inoltre è emerso che Pinna continua a disporre di armi. La permanenza in casa non consentirebbe di contenere il rischio di inquinamento probatorio per la costruzione di un falso alibi, attività che peraltro coinvolgono i familiari”.

Tesi richiamate anche dal Gip del Tribunale di Nuoro, Mauro Pusceddu, nell’ordinanza di custodia cautelare di 54 pagine a carico di Alberto Cubeddu. “La giovane età dei due soggetti unite alla gravità degli atti sono in grado di comprovare la sussistenza delle esigenze cautelari. Parliamo di ragazzi che non esitano a sparare per nulla, parliamo di soggetti che continuano dopo oltre un anno dall’omicidio a cercare la pistola presa a Orune a Paolo Enrico Pinna”.

“I due si agitano attorno alla pistola e alle armi, che dalle intercettazioni sappiamo usare con abitualità – scrive ancora il giudice -. A questo si aggiunge il profilo di Cubeddu: un succube incapace di resistere a ogni suggerimento del cugino e ad ogni suo desiderio criminale. La misura cautelare in carcere appare proporzionata all’entità dei fatti e alla sanzione che potrà essere irrogata”, conclude il Gip. (Ansa)

 

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