Contributi regionali in ritardo di nove mesi, La Collina rischia di chiudere

“Deviati non si nasce ma si diventa. E per gravi responsabilità delle istituzioni e della società”. Con questa convinzione don Ettore Cannavera, ex cappellano del carcere minorile di Quartucciu, ha dato vita 22 anni fa al progetto La Collina, una comunità di accoglienza per ragazzi in difficoltà nelle campagne di Serdiana, a pochi chilometri da Cagliari.

Tra i 72 giovani ospitati dal 1994 come misura alternativa al carcere, sotto il controllo della Magistratura, solo 4 sono tornati a delinquere, segno che il programma educativo funziona davvero: un bel risultato se confrontato con i numeri di chi esce dalla galera, con sette casi di recidiva su dieci. Oggi le conquiste della Collina rischiano di vanificarsi. Il motivo? Non ci sono i soldi per pagare i sette operatori che da gennaio, con 36 ore di lavoro alla settimana 7 giorni su 7 in comunità, non ricevono lo stipendio: i contributi della Regione, da tempo inseriti nel bilancio regionale, quest’anno sono stati inspiegabilmente dimenticati. I 200 mila euro previsti nella legge finanziaria 2016 approvata a marzo (insieme ad altri 800 mila destinati alle altre comunità sarde) non sono mai stati erogati e l’attesa determinazione della Regione è arrivata solo ieri, 27 dicembre.

“Possibile che ci siano voluti nove mesi per scrivere un atto? – si chiede don Ettore Cannavera nel corso della conferenza stampa convocata questa mattina a Cagliari per informare giornalisti e opinione pubblica. – Nel frattempo gli operatori, tutti laureati e preparati, stanno cercando altri impieghi perché rimasti senza stipendio: su sette già due ci hanno lasciato, disperdendo un patrimonio di competenze inestimabile. Senza un’assistenza costante i giovani che da noi sono in misura alternativa al carcere sono destinati a tornare in cella“.

Don Cannavera è amareggiato e non si rassegna a chiudere le porte a chi in tutti questi anni ha trovato un sostegno educativo e culturale nella Collina: i ragazzi qui lavorano, studiano, si impegnano nella loro formazione, in molti casi ricevono un’educazione che fuori non hanno avuto. “La società non risponde a un diritto fondamentale, quello all’educazione: ho conosciuto un quattordicenne che viveva senza i genitori, con il padre in galera e la madre che si prostituiva, chiuso nel carcere minorile perché colpevole di qualche furto: vogliamo privare queste persone del diritto alla libertà? Non sono certo grandi delinquenti ma giovani sbandati; lo ripeto da anni, le carceri minorili non hanno senso, dobbiamo dare loro altre risposte perché senza libertà non si cresce”.

Tra i 72 giovani in espiazione penale accolti dal 1994 a oggi si contano anche condannati per reati gravi come omicidio e traffico internazionale di droga. Uno di loro è da tre anni in comunità: qui si è diplomato, ha preso la patente, ha trovato lavoro e una compagna. “E noi vogliamo rimandare in cella una persona che si sta davvero riabilitando?”.

La Collina non è solo comunità per giovani ma è anche un presidio culturale: ha messo in piedi una biblioteca, un catalogo di pubblicazioni, la rivista trimestrale omonima diretta da Giorgio Pisano prima e oggi da Maria Francesca Chiappe dove hanno scritto Vito Mancuso, Gherardo Colombo, Luigi Manconi oltre a giornalisti, studiosi, opinionisti e intellettuali isolani. C’è poi il progetto Sprar destinato ai rifugiati stranieri. Appuntamenti fissi sono gli incontri culturali del mercoledì e i giovedì comunitari per tutte le confessioni religiose. Don Cannavera, inoltre, ha vinto di recente il premio Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili grazie al suo impegno civile, e il modello della Collina è stato pure  oggetto di uno studio universitario pubblicato alcuni anni fa da Giuffrè Editore. All’esperienza di Serdiana sono stati dedicati i libri “La Collina, storie di una comunità” di Giuseppe Putzolu e il romanzo “Jimmy della Collina” di Massimo Carlotto, da cui è stato tratto il film omonimo di Enrico Pau.

Con la chiusura della struttura si rischia un danno lavorativo, sociale e culturale non solo per gli ospiti della struttura ma per tutti. “La misura detentiva al carcere è anche un grande risparmio per la società – osserva Cannavera – da noi i ragazzi si mantengono con il proprio lavoro nell’azienda agricola in cui producono vino, olio e altri alimenti, e riescono pure a contribuire alle spese della struttura. La custodia dei ragazzi in comunità costa alle casse pubbliche appena 30 euro al giorno, cioè il pagamento degli operatori, mentre nel carcere minorile 600 euro: la Collina costa 200 mila euro all’anno, considerando una media giornaliera di 12 giovani, contro i due milioni di euro che servirebbero per tenerli in cella”.

Ettore Cannavera ha infine un dubbio: che questa dimenticanza, risolta negli ultimi giorni dell’anno in tutta fretta e con gli uffici della ragioneria della Regione chiusa, non sia frutto di un attacco personale nei suoi confronti. “Forse le mie posizioni politiche danno fastidio a qualcuno? Io e le persone che collaborano con me non prendiamo un centesimo dalla comunità, gli unici a scontare questa mancanza saranno i ragazzi e i lavoratori. La politica dovrà assumersi questa grave responsabilità”.

Francesca Mulas

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