Il tempo sospeso: i viaggi per mare dei sardi in mostra a Firenze

Non sono mai stati grandi marinai i sardi, tenacemente legati alla madre terra e ostili a quel liquido e sconfinato elemento che per secoli è stato portatore di non pochi problemi. Questo racconta la storia. Ma per raggiungere l’altra sponda, il continente lontano, bisogna attraversare il mare. E per i sardi questa è stata una frequente necessità. Non grandi marinai quindi, ma certamente assidui naviganti.

Dal dopoguerra attraversare il mare era cosa frequente per i sardi. Chi per emigrare, chi pendolare per lavoro o per necessità familiari, chi per motivi di di salute o di svago. Tutti con il viaggio di ritorno stampato nella mente. Civitavecchia, Genova, Livorno erano gli approdi che parlavano un po’ sardo facendoti sentire, per poco, ancora a casa.

Tutti hanno vissuto quella fase di distacco provvisorio, quell’interminabile tempo sospeso che intercorre tra la partenza e l’arrivo. Un tempo passato sul ponte, prima a guardare la terra che si fa orizzonte e poi ad aspettare ansiosamente che l’orizzonte si rifaccia terra, approdo straniero ma pur sempre terra. Oppure nel ventre, non sempre ospitale, della grande balena di ferro a dormire, leggere o a guardare la vita degli altri che ti passa davanti in un salone dove si vivono attese, bivacchi, dove si fanno incontri, si sviluppano, relazioni fugaci, veloci ed effimere, destinate a svanire all’arrivo in porto.

Per decenni, prima dei voli low-cost e dell’arrivo di altre compagnie marittime, le Navi della Tirrenia sono state l’unico vero cordone ombelicale che ha unito i sardi all’Italia, metafora di un’insularità vissuta troppo spesso con disagio e fatica. Questi viaggi, questo tempo di mezzo, hanno ispirato due fotografi sardi, Davide Virdis e Stefano Pia che espongono il loro lavoro nella mostra “IL TEMPO SOSPESO 1992-2015. Gli onesti naviganti tra isola e continente” allestita a Firenze, Ottagono delle Murate dal 18 al 24 dicembre 2015. Non a caso la mostra è stata promossa dall’ACSIT Firenze (Ass. Culturale Sardi in Toscana) che di quel tempo sospeso ha un nitido ricordo.

Stefano Pia è l’ideatore del Bìfoto (Festival della Fotografia in Sardegna) di Mogoro. Negli anni 2014 e 2015 la giuria del concorso “Sardegna Reportage” ha selezionato i suoi lavori tra i migliori, che verranno esposti al Museo Man in concomitanza con le mostre di Robert Capa e di Vivian Maier. Sue immagini sono state pubblicate da diverse riviste e quotidiani nazionali. “Da sempre —scrive — da quando ho iniziato a fotografare, mi son sentito spinto dal ritrarre il genere umano, studiarne i comportamenti sopratutto nelle situazioni di quotidianità, cercandone l’essenza, il loro puro modo di essere. E dal 2010 fino al 2015, viaggiando per lavoro non ho quindi rinunciato all’idea di mimetizzarmi tra i passeggeri e cercare di raccontare con la fotografia questo tempo sospeso”.

Davide Virdis si è laureato in Architettura all’Università di Firenze. Ha lo studio a Firenze e a Sassari e lavora in Italia e all’estero. La sua ricerca si sviluppa principalmente nel campo della fotografia di architettura e del paesaggio con una particolare attenzione all’aspetto antropologico. Ha realizzato importanti progetti fra cui “Uomini d’acqua” sul rapporto tra uomo, acqua e paesaggio nel territorio sardo e, in collaborazione con l’Università di Firenze e la Comunità Europea, una ricerca fotografica in Siria, Grecia, Libano, Malta e Tunisia nell’ambito del Progetto Europeo Mare Nostrum. “La mia generazione di pendolari dall’isola al continente — scrive — ha certamente memorie di quelle traversate, soprattutto sotto le feste, caratterizzate da una migrazione di passeggeri ben superiore al numero di cuccette disponibili sulla nave. Qualcosa, fino ad oggi, mi ha impedito di utilizzare quelle foto, il mio desiderio di mostrarle, negli anni si è sempre scontrato con una sorta di rispetto per quel senso d’intimità che mi trasmettevano le persone ritratte”.

I lavori dei due fotografi, realizzati in tempi diversi e nell’arco di vent’anni, sono un piccolo diario di viaggio senza tempo, un immergersi in riti che si ripetono ogni giorno, cronaca di un accattivante reportage del quotidiano. Le immagini mostrano una declinazione visiva sorprendentemente omogenea, soprattutto nelle foto in bianco e nero. Come se questo tempo sospeso, fosse anche un tempo che si è fermato. Un tempo vissuto con sensazioni ed emozioni comuni che sono diventate parte di quella memoria collettiva che ben sottolinea Serafina Mascia, Presidente FASI (Federazione Associazioni Sarde in Italia) nel catalogo: “Il viaggio in nave per noi sardi — scrive — è parte della nostra storia e della nostra cultura: è stato l’altro campo di battaglia, dopo quello del lavoro e della vita. Lo è ancora oggi”.

Enrico Pinna

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