Ci vuole una buona scuola, ma anche dei buoni allievi…

Con la Mostra Didattica LABORATORIO XX edizione 2015 la Man Ray Photo School festeggia i suoi 20 anni di attività. La mostra, allestita alla Galleria Temporary Storing in Via XXIX Novembre 7 a Cagliari, è curata da Stefano Grassi e Ivana Salis e resterà aperta sino a giovedì 8 ottobre 2015.

Gli allievi che hanno frequentato il corso nel 2014 sintetizzano nella mostra, come scrive Ivana Salis nella presentazione,  “un anno di lavoro per imparare a guardare fuori e dentro sé stessi. Un tempo per ascoltare e uno per agire, per riprendere con l’obiettivo ciò che ci sta a cuore, punge la coscienza, l’anima e non lascia indifferenti”.

I lavoro presentati sono la dimostrazione della indiscussa qualità didattica della scuola, ma denotano chiaramente la presenza di ingredienti che fanno parte del bagaglio personale di ciascuno come l’ impegno, la capacità di introspezione, la fantasia, una chiara visione del mondo.

Jessica Atzori scrive un diario visivo dove la sua fragile solitudine diventa forza contro la paura. Cammina a piedi nudi sulla sua strada e scrive con parole ed immagini la sua storia di vita.

Margherita Anedda smaterializza l’immagine di sé stessa nell’acqua in un gioco tra realtà e mondo onirico ricco di simboli e metafore. Vita e morte, sogno e risveglio, oblìo e rinascita traspaiono da questo lavoro in bianco e nero dai tratti sfumati e indefiniti.

Per Helen Serreli sono gli oggetti quotidiani il metaforico percorso verso un’analisi dell’essere perduto. La quotidianità diventa presente sofferto e passato che, come il fumo, trasporta ricordi, emozioni, antiche ferite.

Claudia Piras indaga frammenti di volti, sguardi che si rivolgono oltre, a rammentare il rapporto imprescindibile tra la vita e la morte. Dallo Zibaldone di Leopardi si legge “l’esistenza è un male per tutte le cose che compongono l’universo”, poiché essa induce a sentire tutti i frammenti dell’essere, dentro e fuori dal corpo.

Anna Heydel percorre un affascinante studio di linee grafiche apparentemente casuali e visibili solo all’occhio educato dell’artista. Non ci sono quesiti esistenziali evidenti o metafore complesse ma semplici giochi di forme che sono ossatura ed essenza formale di ogni buona fotografia.

Simone Spiga basa la sua ricerca nella suggestione surreale delle storie infantili, di quelle favole che si tramutano in visioni orrende e infernali. Gli angeli hanno penne luride e corna blasfeme, vittime dei loro stessi protetti. Un mondo alla rovescia nel quale il crudele cinismo ha strappato l’ingenuità alla ridente fanciullezza.

Omar Rossetti indaga la nostra decadenza sociale che ci porta a consumare con indifferenza, terribili immagini di cronaca fra una brioche e un caffè macchiato. Coglie, con un linguaggio molto esplicito e con risoluzioni estetiche dai colori forti e caldi, da pubblicità del “Mulino bianco”, il baratro di indifferenza che sortisce la continua spettacolarizzazione della notizia ormai tipica della nostra società.

Sabrina Sanna si dedica invece al reportage sociale visitando Kenia, Etiopia e Rajasthan, raccontando le persone che vi abitano. Volti di bambini esprimono realtà in cui vivere significa lottare per sopravvivere. Ma gli sguardi dei bambini hanno sempre una grande e gioiosa purezza, anche quando i loro occhi cercano un futuro negato.

Il lavoro di gruppo, ogni anno ispirato a una grande storia del cinema, è stato tratto dal cortometraggio surrealista Meshes of the Afternoon di Maya Deren, girato nel 1943. Gli allievi, diretti dalla regia di Stefano Grassi, hanno lavorato in équipe alla realizzazione dei fotogrammi, alle riprese, al make up, e contemporaneamente sono stati attori nel set.

Ora gli allievi proveranno ad uscire dall’ambiente protetto della scuola per affrontare le difficili strade dell’arte o della fotografia commerciale. Lo faranno forti di un percorso di apprendimento e di conoscenza che i loro lavori esprimono molto chiaramente, a ricordarci che ci vuole una buona scuola ma, anche, dei buoni allievi.

Enrico Pinna

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