“Terreni e paesaggio di poco valore”. Dal ministero sì al termodinamico

Via libera con prescrizioni alla megacentrale a specchi che la Flumini Mannu Ltd vorrebbe realizzare tra Decimoputzu e Villasor. L’esito dell’istruttoria condotta dalla Commissione tecnica del ministero dell’Ambiente era noto da tempo. A differenza dei contenuti del parere: emesso lo scorso 27 luglio, il documento è rimasto a lungo chiuso nei cassetti di via Arenula. Forse perché s’immaginava che avrebbe generato più di una polemica.

Nel documento che Sardinia Post ha potuto visionare, i tecnici del ministero accolgono le tesi della società proponente, per la quale l’opzione ‘impianto zero’ deve essere considerata peggiore rispetto all’innalzamento dei plinti che sorreggeranno i grandi specchi parabolici. Perchè? “Perché la mancata realizzazione dell’opera destinerebbe il sito ad una progressiva desertificazione, limitandone l’utilizzo agricolo, visto che in quelle aree non è possibile impiantare colture di pregio ad alto valore aggiunto”, scrivono i tecnici, citando gli elaborati della Flumini Mannu. Il piano agronomico basato sull’irrigazione a goccia proposto dalla società (che aveva già ottenuto il placet – non vincolante – dell’agenzia regionale Agris), invece, cambierà tutto, “accrescendo la fertilità dei terreni”. Insomma, in realtà il sì all’impianto nasconde un no alla desertificazione. Ma a nessuno è venuto in mente che sarebbe possibile realizzare l’irrigazione a goccia senza plinti, specchi e powerblock. E che in quell’area sorgono aziende all’avanguardia. In ogni caso, “nonostante i suoi 269 ettari, l’impianto non determinerà consumo di suolo, perché anche con la centrale a regime sarà possibile usufruire dei terreni per l’agricoltura o per il pascolo. E non tutta l’area sarà impermeabilizzata”. Inoltre, sempre a detta dei tecnici, “il danno causato al paesaggio sarebbe modesto, anche perché di poco pregio”. Insomma, non proprio un’alta considerazione della placida piana con vista sui monti del Sulcis – Iglesiente e del Linas.

Dietro al sì della commissione tecnica ci sono anche altre ragioni. Ad esempio, le eventuali perdite di sali fusi che corrono, a temperature fino a 600 gradi, nelle condotte dell’impianto fino alle turbine non preoccupano: per il ministero, non sono considerati in grado di contaminare l’ambiente circostante. Impianti da fonti rinnovabili come quelli della Flumini Mannu non hanno lo stesso impatto – sotto il profilo emissivo – di una centrale della stessa potenza alimentata da combustibili fossili. E, in una certa misura, consentono l’accumulo del calore sprigionato dai sali, a differenza di altri tipi d’impianto. Queste sono anche le ragioni per cui, agli occhi dei tecnici, il termodinamico della Flumini Mannu soddisfa gli accordi sottoscritti a Parigi nell’ambito della conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici.

Vero, però, è che quando il calore del sole non sarà così forte da scaldare e sciogliere i sali fusi, a Flumini Mannu si potrà ricorrere ai gruppi a gasolio previsti dal progetto. Il ministero li chiama riscaldatori, ma si tratta di vere e proprie centrali, seppur di modeste dimensioni. Insomma, c’è una centrale nella centrale. La società, da parte sua, s’impegna a non ‘abusare’ del gasolio. Anche perché, in caso contrario, non avrà più diritto a una parte di incentivi, quelli erogati per un ridotto utilizzo del combustibile fossile.

Altre perplessità riguardano gli aspetti idraulici, visto che l’area non è immune da rischi. Per quanto riguarda il fabbisogno idrico, il proponente ha ottenuto un primo parere positivo relativo alla richiesta annuale di 150.000 m3 d’acqua industriale dal Consorzio di Bonifica della Sardegna meridionale. Tuttavia, il Consorzio ha richiesto la possibilità di approvvigionamento da fonti autonome per far fronte a possibili interruzioni di servizio. Sono questi alcuni dei punti che destano maggiori preoccupazioni tra i contrari.

Il documento del ministero affronta, poi, anche la questione espropri. Per la società, ricordano i tecnici, la legge autorizza l’esproprio per impianti da fonti rinnovabili di pubblica utilità. Ma ciò che appare certo – almeno stando a quanto si legge nel documento – è che in sede di autorizzazione unica, presso il ministero dello Sviluppo, la società dovrà dimostrare di godere della disponibilità di quei terreni. Disponibilità su cui la società non può in ogni caso contare, visto che l’allevatore Giovanni Cualbu si è fermamente opposto al progetto. Su questo aspetto controverso è comunque lecito aspettarsi battaglia legale.

Va anche detto che il parere della Commissione tecnica del ministero dell’Ambiente non rappresenta l’ultimo passo del procedimento autorizzativo. Come emerso anche dal recente incontro romano tra tutte le istituzioni coinvolte dal progetto, il ministero dell’Ambiente al momento non può contare su alleati. A differenza del fronte del no, che vede insieme il ministero dei Beni Culturali, contrario, come l’assessore alla Difesa dell’Ambiente Donatella Spano, che a Roma ha fatto le veci della Regione, e dei sindaci di Decimoputzu e Villasor Alessandro Scanu e Walter Marongiu, appoggiati da associazioni ambientaliste, di categoria e comitati di cittadini. L’ultima parola spetterà alla presidenza del Consiglio. Intanto, come riporta anche il parere della Commissione, la società ha già fatto sapere di non avere nessuna intenzione di accasarsi all’interno di aree industriali dismesse.

Piero Loi

@piero_loi

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