Ci voleva Mauro Meli per portare Pinuccio Sciola al Lirico. Un vero colpo da maestro quello di far firmare le scenografie di un’opera come “Turandot” all’artista di San Sperate, uno che nel ’76, alla Biennale d’Arte di Venezia, incantava i visitatori con le canne al vento di Macchiareddu che ricordavano quelle ugualmente inquinate di Marghera.
“E’ una vita che faccio lo scenografo delle mie opere. Con la complicità di luci e ombre firmo veri e propri spettacoli, come la settimana scorsa, a Torino Danza, dove ho chiesto di posizionare le pietre in modo da dare ancora più drammaticità ai movimenti dei ballerini solisti sulla scena. Basta anche uno squarcio di luce per dare più significato al gesto”.
Quello di Pinuccio col mondo del teatro è un rapporto solidificatosi nel tempo, amico caro di musicologi e critici di fama come Luigi Pestalozza, ma anche di Gastone Mariani, colto scenografo e direttore dell’Accademia di Brera, o di Moni Ovadia, geniale cantore del popolo ebraico.”Poter lavorare nel principale teatro della mia città è una bella sfida, dopo aver girato i palcoscenici di mezza Italia, finalmente potrò concentrarmi e dedicarmi ai luoghi che più mi appartengono. In teatro vorrei procedere con un lavoro corale, non è più tempo di protagonismi, per me la cultura è un lavoro di squadra. So che il Lirico ha ottimi professionisti, e anche se non ho l’abbonamento vado spesso a teatro, conosco gli anni di fatica trascorsi dai lavoratori, sarà un’esperienza importante confrontarmi con loro e ringrazio l’amico Meli, con cui ci frequentiamo da lunghi anni, di avermi dato questa possibilità”.
A guardarlo lavorare nel suo cortile-laboratorio invaso da pietre, archetti e piante si capta subito l’importanza della musica nella sua visione di mondo. “La musica della natura, principalmente, ma anche quella misteriosa delle pietre. Il mio sogno è quello di firmare un’opera sinfonica e portarla in scena al Lirico. Le pietre cantano, piangono, ridono, come se racchiudessero un’anima arcana, divina. Basta saperle sfiorare. A Roberto Abbado che dirigerà l’orchestra, e a Pier Francesco Maestrini che firmerà la regia, vorrei proporre di far terminare “Turandot” interrompendola all’improvviso come fece sul podio Toscanini, ovvero nel punto in cui la abbandonò Puccini, che morì poco prima di consegnarla. Ho avuto l’occasione di ascoltarla con quell’interpretazione e ha un effetto sorprendente”.
Al 1 ottobre 2014, data in cui l’opera andrà in scena, mancano ancora un pugno di mesi: come rivivrà sotto l’occhio di Sciola l’algida e sanguinaria principessa Turandot, trasformata in donna innamorata? “Ho già iniziato a lavorarci, vorrei dare un taglio moderno all’opera, trovo anacronostico portare in scena la lirica come si faceva nell’800. Oggi, tempi e mode sono cambiati, dunque sono favorevole alle rivisitazioni della lirica in chiave contemporanea. Bisognerà parlarne col regista. Ma sono sicuro che anche Turandot, princicipessa di gelo, si scioglierà al canto delle pietre”.
Donatella Percivale
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