Il Marghine dice “no” al nuovo inceneritore di Tossilo

Il progetto di ammodernamento dell’inceneritore di Tossilo, presentato dai tecnici del Consorzio industriale alla popolazione di Macomer alla presenza dei tecnici del Savi (il Servizio di sostenibilità ambientale della Regione Sardegna), non piace alla popolazione del Marghine. Si tratta di un progetto che prevede la realizzazione di una nuova linea di termovalorizzazione da 30 Mwt (detto “revamping”) e che unisce un terzo forno ai due già presenti. Di fatto apre la procedura del VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) alla presenza di Gianluca Cocco, direttore del Savi.  I tecnici della società proponente (un’Associazione Temporanea di Impresa costituita dalla padovana Area Impresa e dalla Monsud di Avellino), assieme a Mario Rubattu, direttore del Consorzio della Zona Industriale di Tossilo, hanno presentato al pubblico il progetto del termovalorizzazione per il trattamento dei rifiuti da realizzarsi in un triennio e per i prossimi vent’anni.

Oltre al Comitato Non bruciamoci il Futuro – da sempre nettamente contrario al progetto – il dibattito è stato molto seguito dai cittadini. Un progetto fortemente criticato sia nel merito che nel metodo per via di una soluzione che non risulta essere vantaggiosa, né in termini di costi, né di tutela della salute o di ricaduta economica. In questo territorio, con circa duemila addetti sparsi in 1370 aziende a vocazione agro-pastorale (350mila capi di bestiame, 30 milioni di litri di latte prodotti, 40mila quintali di formaggio l’anno), da diverso tempo si punta al mercato della certificazione biologica.

Un dibattito animato
Ma ecco alcune delle dichiarazioni registrate durante l’incontro. Il consigliere comunale di Silanus, Angelo Morittu, ha lamentato l’antieconomicità del progetto: “In seguito all’aumento della raccolta differenziata ci sarà una diminuzione dei materiali da bruciare. Quindi, per poter mantenere il regime minimo, ci sarà un aggravio delle tariffe sui cittadini. Nel progetto presentato -ha concluso- manca un piano di smaltimento dei residui incombusti (circa 20 mila tonnellate l’anno), e non è stata ancora individuata una discarica disponibile”.

In discussione anche la legittimità di operare del Consorzio nell’inceneritore di Tossilo (attualmente gestito della Tossilo Tecnoservice Spa), messo in liquidazione già nel 2008, a seguito dei tagli dei consorzi decisi dalla Giunta Soru. Di peso anche l’intervento dell’ex Assessore all’Ambiente della Provincia di Nuoro, Ivo Carboni: “Questo tipo di dibattiti si dovrebbero fare prima dell’appalto. Ma la Regione ora si trova a dover valutare se rinunciare a un’impresa che ha già ottenuto l’appalto, oppure scegliere di decidere di ascoltare le ragioni dei cittadini. Siamo arrivati ad una ‘follia perfetta’ -commenta- perché il Commissario liquidatore del Consorzio, era anche Direttore dei Servizi dell’Assessorato all’Ambiente, che da funzionario ha deciso l’appalto con una lettera. L’impianto funzionerà tra tre anni, circa sei mesi l’anno. In quel periodo i cittadini di Nuoro vedranno i loro rifiuti lasciati fuori lo stabilimento, poi trasferiti a Chilivani, ma pagati tutto l’anno come inceneriti. Queste cose possono accadere vicino ad Avellino, ma qui non possiamo abituarci a questo livello di illegalità”. Mauro Aresu, del Comitato Non bruciamoci il Futuro, spiega che i progetti di revamping promossi dai privati, in passato erano sempre stati bocciati dai sindaci e dal consorzio eletto dal territorio. “Paradossalmente, ora si porta avanti il progetto solo grazie al Commissariamento”.

I problemi sollevati dai cittadini
Gianfranco Cossu, operaio di un caseificio, mette in luce la relazione tra la diossina emessa dall’inceneritore e il pascolo nei terreni della zona con i prodotti agro-alimentari: “Se questo succedesse le esportazioni crollerebbero”. Tore Tedde, coordinatore provinciale di Progress, parla di strategia: vendere il lavoro degli operatori dell’inceneritore con la salute dei cittadini: “Ci mettono l’uno contro l’altro a vantaggio di un progetto che inciderà sulla nostra vita per vent’anni.” Nuccia Casu, cittadina di Macomer, chiede che si concludano le analisi sull’incidenza dei fumi nell’aria, iniziate dall’Asl e poi lasciate incompiute e sottolinea la pericolosità nell’aprire le finestre nel quartiere di S. Maria, esposto ai fumi dell’inceneritore. Denuncia l’incremento di tumori tra gli abitanti del quartiere, cui vengono interessati spesso anche più membri dello stesso nucleo familiare e chiede con forza l’istituzione di un registro dei Tumori per la tutela della salute dei cittadini. Anche Franca Battelli, del Comitato Non Bruciamoci il futuro rimarca l’arroganza del Consorzio: “In quattro anni non ha mai preso in considerazione le posizioni del Comitato negandoci anche la possibilità di visitare gli impianti o di presenziare alle riunioni cui avevamo il diritto di assistere”.

L’intervento di Migaleddu, presidente dell’Isde, mette l’accento sul rapporto ambiente e salute definendolo un progetto già vecchio: “È stato firmato nel 2011 senza un adeguamento delle normative attuali. Quindi, oggi, non è più adatto al problema di smaltimento”. Lamenta l’assenza del recupero dei vapori scatenati dall’energia termica della combustione e indica come la massa dei rifiuti effettivamente da smaltire non sia sufficienti per raggiungere i parametri prospettati dai tecnici. Migaleddu denuncia inoltre la mancanza di uno studio di fattibilità e annuncia un dialogo avviato presso l’Assessorato alla Salute per rivalutare la connessione ambiente/salute in particolare in merito all’infiltrazione della diossina nella catena alimentare. Anche il sindaco di Sarule, Mariangela Barca esprime la contrarietà della sua giunta all’inceneritore: “Gli elevati costi di conferimento saranno imposti ai Comuni unicamente a carico dei cittadini”.

(Nella foto un’immagine della riunione)

Davide Fara

 

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