L’operatrice Wind-Tre: “La nostra era azienda d’eccellenza, perderemo diritti e tutele”

Trattamenti economici adeguati, assegni familiari, impieghi a tempo indeterminato, buoni pasto e tutele garantite: i 400 lavoratori occupati a Cagliari nel customer care della Tre possono vantare una situazione contrattuale non comune ad altri call center, conquistata in 14 anni di lavoro. Oggi diritti e tutele sono a rischio: la nuova società Wind Tre spa, nata ufficialmente lo scorso 31 dicembre dalla fusione dei due colossi delle comunicazioni Wind e Tre, ha annunciato investimenti miliardari per i prossimi sei anni ma allo stesso tempo ha comunicato che metterà in vendita il ramo aziendale dell’assistenza. 916 lavoratori impiegati tra Genova, Roma, Palermo e Cagliari, tra cui i 400 isolani, saranno presto venduti a una nuova società. Ignote, finora, le condizioni della cessione.

“Lavoro da 12 anni in uno dei pochi call center di cui si può andare fieri: siamo cresciuti con la società, abbiamo attraversato momenti di crisi e ripresa e oggi abbiamo una condizione economica e contrattuale che altri non conoscono, oltre a una qualità professionale non comune. Eppure il nostro futuro è a rischio”. Caterina (ci chiede di non pubblicare il suo cognome) è impiegata nel call center ex H3G dal 2005 con un contratto part time a tempo indeterminato, con turni di lavoro dal lunedì al sabato e riposo la domenica: negli anni ha visto la sua azienda crescere e diventare un’eccellenza del settore, mentre le tutele garantite ai lavoratori si adeguavano al mercato.

Lei e i suoi colleghi da tempo conoscevano il progetto di fusione fra la sua azienda e la Wind, ma dai vertici aziendali erano più volte arrivate rassicurazioni sul futuro dei lavoratori. “Il nostro è stato un bel sogno da cui ci stiamo risvegliando – sottolinea – nonostante le dichiarazioni presto saremo ceduti al miglior offerente”.

38 anni, cagliaritana, una famiglia con due figli piccoli, Caterina rappresenta la situazione di molti lavoratori del call center che ha sede nella zona industriale di Elmas. “Siamo entrati a lavorare giovani, alcuni ancora studenti, e siamo cresciuti: quello dei call center non è più solo un’occupazione temporanea ma un settore in crescita che richiede anche standard di qualità e professionalità. Se l’azienda fosse in crisi potremmo capire la situazione ma non è così: appena pochi giorni fa i vertici della Wind Tre hanno comunicato un piano di investimenti da 7 miliardi per i prossimi anni. Allora perché vendere il ramo aziendale in cui siamo impiegati? Abbiamo paura, temiamo che la nostra sia l’ennesima storia di cattiva gestione aziendale, come è accaduto ai lavoratori dei call center di Ericsson e Almaviva. Rischiamo davvero di perdere tutto”.

Francesca Mulas

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