Fusione Wind-Tre, futuro incerto per 400 lavoratori sardi. Sit-in a Cagliari

Un sit-in di protesta contro il nuovo piano economico dell’azienda Wind Tre è in programma a Cagliari, Marina Piccola, nel giorno della Festa della Repubblica: i lavoratori sardi impiegati nella società di telefonia si sono dati appuntamento alle 18 di oggi venerdì 2 giugno per manifestare contro il progetto di esternalizzare il ramo aziendale dell’assistenza clienti, attualmente gestito da 400 dipendenti sardi insieme ad altri 500 impiegati nelle sedi di Genova, Roma e Palermo. L’idea di mettere sul mercato i 900 lavoratori è stata comunicata dalla Wind Tre lo scorso 22 maggio in un incontro tra i vertici aziendali e i sindacati: fa parte di un piano di ristrutturazione della nuova società nata dalla fusione di Wind e Tre, che ha previsto investimenti di 7 miliardi di euro per i prossimi sei anni con 34 milioni di utenti solo in Italia e una fetta di mercato del 30%. I lavoratori, che rispondono al numero 133 di assistenza telefonica, verranno ceduti a una nuova società di cui finora non si conoscono né il nome né gli obiettivi.

La notizia ha destato non poche preoccupazioni nell’Isola: non si sa se il passaggio di proprietà sarà favorevole o meno ai lavoratori; non è certo, inoltre, che la professionalità e l’esperienza maturata dai dipendenti sardi del call center ex H3G con sede nella zona industriale di Elmas in 14 anni di attività, dal 2003, sarà realmente messa a frutto dai nuovi acquirenti.

In risposta ai dubbi di lavoratori e sindacati, due giorni fa la società ha pubblicato una nota su twitter dichiarando che “la cessione del ramo d’azienda relativo a quattro call center interni non comporterà alcun licenziamento. L’azienda, inoltre, è disponibile ad individuare, d’intesa con il sindacato, ulteriori garanzie per tutti i dipendenti coinvolti, compreso il mantenimento delle attuali sedi di lavoro, con l’obiettivo di giungere ad un accordo innovativo che rafforzi il settore dei Contact center in Italia”. Non si è fatta attendere la risposta dei sindacalisti: “Intanto amareggia il metodo scelto per comunicare – scrive Tonino Ortega di Uilcom – che conferma l’irritualità di questa vertenza: invitiamo l’azienda, non appena avrà terminato di twittare, a materializzarsi piuttosto nelle sedi sindacali e istituzionali opportune per un confronto serio e costruttivo che consenta di cercare realmente soluzioni alternative. Ci sembra doveroso visto che parliamo del destino di 916 famiglie. Inoltre ciò che l’azienda dice non è di nessuna rassicurazione, rappresenta anzi una banalità che offende la nostra intelligenza. È la legge del nostro codice civile che in caso di cessione di ramo d’azienda esclude la possibilità di licenziare (art. 2112 c.c.). Quello che si vuole evidentemente nascondere alla pubblica opinione, che poi è il vero nodo della vertenza, è che i problemi occupazionali legati all’esternalizzazione colpiscono i lavoratori coinvolti non all’atto della cessione ma subito dopo essere stati ceduti ad aziende che lavorano in appalto. Questo rischio è confermato dalla disastrosa storia delle esternalizzazioni avvenute nel nostro Paese negli ultimi dieci anni. La causa è la natura stessa del mercato degli outsourcer, che vive di commesse temporanee che vengono aggiudicate, non in base alla qualità erogata, ma unicamente in funzione del prezzo più basso. Per questo lo ribadiamo con forza: nessun acquirente potrà mai sostituire la certezza occupazionale di chi oggi è dipendente a tutti gli effetti di una multinazionale del calibro di Wind Tre, un colosso con un ricavo di oltre sei miliardi di euro, quasi diecimila dipendenti, con tutti i parametri economici positivi, che possiede infrastrutture di rete, ripetitori, frequenze e un piano di investimento di sette miliardi in sei anni. Davanti a questi numeri tutti positivi, chi sa giustificare il perché ci si debba liberare dell’asset più importante di un’azienda, e cioè le persone? E non persone qualsiasi ma professionisti che ogni giorno da quindici anni danno assistenza di qualità ai clienti della 3. Mi domando dunque: come si può aspirare a diventare leader del settore presentandosi al mondo col taglio delle proprie eccellenze?”.

Oltre al sit-in del 2 giugno, i sindacati hanno già annunciato sciopero dei lavoratori per il prossimo 14 giugno. I dipendenti hanno anche creato una pagina Facebook in cui condividono notizie e comunicazioni, messe insieme sotto l’hashtag #noesternalizzazioniwindtre.

La corsa alla fusione tra Wind e Tre è cominciata a settembre col via libera della Commissione Europea ed è stata ufficializzata il 31 dicembre scorso con la presentazione di Wind Tre Spa a Roma nella sede Ministero dello sviluppo economico. Dietro i noti brand si parla dell’unione tra due multinazionali colossali: Veon, già proprietaria di Wind, con capitale in maggioranza russo e norvegese, registrata alle Bermuda e con sede ad Amsterdam e CK Hutchison, gigante finanziario che oltre ad H3g va dalle attività portuali in tutto il mondo fino alle biotecnologie, registrata alle Cayman e creatura del magnate Li Ka-Shing, l’uomo più ricco della Cina e tra i venti più ricchi del mondo secondo le stime della rivista Forbes.

Francesca Mulas

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