“E’ ricco chi è autosufficiente, non chi consuma di più”

Il sostenitore della “decrescita felice” Maurizio Pallante, 66 anni, è in questi giorni in Sardegna. In un ciclo di eventi organizzato dal Movimento 5 Stelle sardo ha spiegato la sua ricetta: “La nostra economia è una economia post-industriale – ha detto – di stampo ottocentesco e novecentesco. Che è basata sul debito. Come si può sconfiggere il debito? Solamente cambiando i paradigmi che lo alimentano. Evitando gli sprechi, quel surplus di consumi che insegue sempre sé stesso, e che in questa maniera non si recupererà mai. Abbiamo capito finalmente che le risorse non sono infinite. Gli indicatori economici attuali appartengono al passato. Quando si credeva che la quantità del consumo mercificato fosse l’unico metro per stabilire la ricchezza di un popolo.”

Il Movimento della decrescita felice, invece, sostiene che è più ricco chi è capace di autosostentamento è più ricco di chi ha più soldi ma non può spenderli per comprare cibo o per scaldarsi, poiché dipende dalla decisione di chi apre i rubinetti del gas migliaia di chilometri lontano dalla sua realtà, e quindi lontano dai suoi bisogni. E dalle sue istanze culturali.”

Quando si assume questo punto di vista si sta anche dicendo che la ricchezza “non può essere disgiunta dal sapere e dalla cultura del luogo”. E si stanno creando le premesse per smontare semanticamente il concetto stesso di crescita al quale siamo stati per anni abituati: “Alla parola crescita nella nostra testa si abbina automaticamente un concetto positivo. Ma a ben vedere si entra subito in evidente contraddizione. Una persona, infatti, nella sua età biologica cresce fino a un certo punto. Da quel momento in poi scatta una maturazione intellettuale, non fisica. Una persona non cresce in eterno, semmai matura.”

E ecco alcuni dati che chiariscono il problema: “Il 3 per cento del Pil è cibo che si butta. Con in più l’aggravio di uno smaltimento più oneroso dei rifiuti putrescibili. Altro esempio, le nostre case sono ritenute idonee all’agibilità in Italia secondo parametri di riscaldamento di 20 litri di gasolio a metro cubo. In Germania ne servono 7. Che fine fanno i 13 litri in più? Si perdono nell’aria, aumentando il surriscaldamento della terra, favoriscono il mutamento delle stagioni, alleggerendo in maniera sostanziale ed inutile il nostro portafoglio. Tutto questo semplicemente per la scarsa coibentazione delle case in cui abitiamo”. Solo a rimettere mano a queste abitazioni, migliorandone la struttura rispetto al consumo energetico, si darebbe parecchio ossigeno all’economia nazionale: “La semplice messa a norma dell’esistente secondo parametri del risparmio energetico farebbe rifiorire il settore dell’edilizia. Con i soldi della Tav dati a multinazionali non sempre pulite per un’opera che si vedrà tra vent’anni, si potrebbero mettere a norma quindicimila scuole subito ingaggiando imprese locali.”

Pallante parla di decrescita selettiva del Pil, di occupazione utile, di riduzione del consumo delle materie prime, di evoluzione tecnologica, poiché la progettazione e la realizzazione di case a basso consumo, spiega, non è affatto contro il progresso. Ed allora pone una domanda: “Serve molta più
tecnologia per costruire una casa che per essere riscaldata consuma 7 litri di gasolio al metro cubo, o serve più tecnologia in quelle che ne consumano 20? Bene, dice, è questa l’occupazione del futuro. Il risparmio energetico”.

A chi lo taccia di conservatorismo lui risponde con i dati del fallimento e della crisi: “Per un ciclo che è finito – dice -un altro ne subentra. O quel sistema crolla o si trasforma. Noi, oggi, stiamo vivendo questa congiuntura della storia. Bisogna cambiare paradigmi di crescita e puntare sulla stabilità delle risorse, e sulla qualità dei prodotti.”

Per fare questo Pallante indica varie direzioni: sviluppo tecnologico (per togliere dall’isolamento anche le zone più remote del pianeta); cambiamento degli stili di vita; fine dei parametri culturali basati sui finti miti della crescita infinita. E ricostruzione dei rapporti sociali, collaborazione e solidarietà tra le persone.

 

 

 

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