Da “La vita è bella” di Benigni ermerge un frammento di Sardegna

C’é anche un pezzo di Sardegna, una pagina di cultura sarda, nel film premio Oscar “La vita e’ bella” di Roberto Benigni. Due ceramiche di Alessandro Mola (Monti, 1903 – Cagliari, 1957) svettano in primo piano in una scena d’interni. Finora non se n’era accorto praticamente nessuno, a parte i familiari che però non l’hanno pubblicizzata.

Oggi, a distanza di 16 anni dall’uscita del film, a strappare il velo dell’oblio ci hanno pensato due studiosi cagliaritani in occasione del lavoro preparatorio di due volumi, freschi di stampa, sulla ceramica a soggetto sardo della prima metà del ‘900.

Le opere immortalate nel film premio Oscar sono due raffinate “Testine con cuffietta di Desulo”, un classico degli anni ’30, ricreate dall’artista nel secondo dopoguerra sulla scia di un suo modello realizzato nel ’36 dalla Lenci. Quell’incarnato del volto porcellanato dipinto a mano, i brillanti colori delle cuffiette, i nastrini e fiocchetti sottogola del costume regionale, danno un tono e un fascino tutto particolare a quella sequenza de “La vita e’ bella” e indicano il gusto di un’epoca. In soli cinque secondi la ceramica artistica sarda d’autore con la sua morbidezza e plasticità si conquista il primo piano della ribalta nel film. Un pezzo di memoria storico artistica immortalata e proiettata in ogni angolo del mondo.

Ora gli studiosi Marco Marini e Maria Laura Ferru hanno riportato quel fotogramma del film nel loro “Vestiti di terra”, edizioni Sole. E’ una corposa opera in due volumi: quasi mille pagine, centinaia di immagini, per un’antologia che tenta di creare un’opera sistematica dell’arte ceramica nazionale a soggetto sardo della prima metà del ‘900. Mola si guadagna quattro capitoli e una delle due copertine. ”Si potrebbero definire ‘piccole porcellane da Oscar’. Quelle sequenze hanno ridato dignità e prestigio ad un artista per molto tempo misconosciuto, soprattutto in Sardegna – affermano Marini e Ferru – perché nei musei locali delle opere eseguite da questo artista autodidatta non ci si è mai occupati abbastanza. E’ ora che venga riscoperta tutta la grandezza di Mola che con la sua creatività ha lasciato il segno e dato il là ad una corrente di ceramisti italiani nella prima metà del ‘900”.

Quelle statuine avevano un’aria familiare. “E’ stato un tuffo al cuore riconoscere quelle due testine fatte da nonno – racconta Alessandro Mola, nipote del ceramista – Mi ha riempito di orgoglio constatare che le sue opere sono state utilizzate per ricostruire clima e atmosfera, tono e colore del periodo storico narrato in questo straordinario film premiato con l’Oscar”.

Il passaparola in famiglia è immediato e si scatena la corsa al cinema. “Ho sentito l’elettricità attraversarmi il corpo – ricorda Alessandra Mola, figlia del ceramista – e ogni volta davanti a quella scena riprovo la stessa emozione. Voglio ringraziare Roberto Benigni per aver saputo apprezzare le ceramiche di babbo e rendergli quella notorietà e apprezzamento per tanto tempo negata nell’Isola, benché il nome di Alessandro Mola, unitamente a quello di Cagliari impresso sotto le sue ceramiche, circoli per tutto il mondo: Stati Uniti, Scozia, Parigi, Inghilterra”.

Alessandro Mola collabora con la prestigiosa casa torinese Lenci e la Essevì nella metà degli anni ’30 e con la Pattarino di Firenze dove approda durante la guerra come sfollato dopo essere scampato miracolosamente al bombardamento su Cagliari del ’43 che mandò in frantumi il suo laboratorio di via Manno. Lenci, Essevì, Pattarino intravedono le potenzialità delle finissime lavorazioni di una mente abile e molto creativa. Nel dopoguerra l’artista sulle rovine di una Cagliari distrutta dalle bombe riapre la fabbrica ‘Nuovo Fiore’, col sostegno dell’antiquario Palladino. I suoi due figli, Stelio e Fabio, riprendono il filo della tradizione di famiglia che Alessandro junior sta tentando, crisi permettendo, di proseguire. “Facciamo un appello al sindaco di Cagliari – dicono Marini e Ferru – perché possa dedicare una piazza, una via o la sala di un museo a questo cittadino di una città un po’ troppo disattenta e distratta verso i suoi figli adottivi più creativi”.

Foto tratta dal sito www.antiquariatocagliari.it

Maria Grazia Marilotti (ANSA)

 

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